ROMA — «Ma di che stiamo parlando?». È ironico il Guardasigilli Angelo Alfano quando risponde a Walter Veltroni che condiziona il dialogo al ritiro della «bloccaprocessi».
Ministro, il suo è un rifiuto?
«Quello di Veltroni è un atteggiamento vago e un po' ambiguo: chiede di rinunciare ad una norma che dà priorità a reati recenti e più gravi offrendo una generica riapertura di dialogo che però non è in grado di reggere perché costretto, ormai troppo spesso, a virare verso il giustizialismo di Di Pietro. E per di più dice di non essere d'accordo nemmeno con la tutela per le alte cariche dello Stato».
Invece che cosa si aspettava?
«Proposte migliorative, ma non sono arrivate».
Berlusconi, la Lega e An non sembrano contrari. Sicuro che quella norma resterà?
«Il premier ha già detto che non intende beneficiarne ».
Lei ci crede?
«Noi pensiamo che se non incrociasse il destino di un suo procedimento con ogni probabilità sarebbe votata da quella sinistra che non ha avuto nulla a che ridire quando a introdurre criteri di selezione per agevolare i processi più gravi sono stati i procuratori, che ovviamente non avevano la possibilità di salvare gli altri dalla prescrizione».
Un conto è che siano i procuratori a indicare le priorità tenendo conto delle emergenze locali, altro è che sia il governo a sospendere migliaia di processi.
«Questa è un'obiezione specifica e concreta che apre una discussione e sulla quale si possono immaginare rimedi. Invece Veltroni e il Pd dicono soltanto: ritirate la norma. C'è un atteggiamento dolosamente omissivo da parte di chi continua a tacere che i processi non si estinguono ma sono sospesi e in ogni caso la maggior parte sono prossimi alla prescrizione, coperti da indulto o semiabbandonati ».
E allora perché non ne avete parlato in campagna elettorale?
«Perseguire i reati di maggior allarme sociale è una delle priorità del nostro programma e lo faremo dando precedenza ai processi recenti».
Secondo il Csm è una soluzione irragionevole e irrazionale.
«Secondo noi è il modo più efficace per garantire la selezione. Ho letto il parere e anche i parlamentari lo hanno avuto. Adesso la valutazione finale spetta alle Camere».
Non avevate annunciato neanche il lodo salvapremier.
«Nel punto relativo alla giustizia si dice che sarà data attuazione alle sentenze della Consulta non ancora tradotte in legge».
Non le pare un po' generico?
«È la realtà. E posso dire che entro settembre la norma sarà certamente approvata».
Il passo successivo sarà la legge per concedere l'immunità ai parlamentari?
«Non ci stiamo lavorando perché abbiamo tanta carne al fuoco. Però vedo che il tema nasce e si sviluppa se è vero che Pier Ferdinando Casini, alcuni esponenti del Pd e financo opinionisti ne cominciano a parlare. Non reputo sinceri quelli che affermano che il costituente le indovinò tutte tranne l'articolo 68, ma è una materia delicata, non trovo giusto trasformarla nel tormentone estivo».
Al primo incontro con l'Anm lei aveva annunciato misure per una giustizia più efficiente ed era stato accolto con un lungo applauso. Che ne è di quelle promesse?
«Appena approvato il lodo metteremo mano alla riforma del settore penale che punti all'efficienza, così come abbiamo già cominciato a fare nel settore civile introducendo le notifiche online, la penalità per chi alimenta pretestuosamente la controversia e il potenziamento delle soluzioni extragiudiziali delle liti».
Non era meglio farlo prima delle «norme ad personam»?
«Veramente i primi provvedimenti approvati e condivisi anche dai magistrati hanno riguardato l'ampliamento degli spazi per il giudizio immediato o direttissimo, le pene più gravi per chi guida ubriaco o drogato, il contrasto alla criminalità organizzata che aveva pochi precedenti negli anni passati, le norme in materia di rifiuti. Non confondiamo l'effetto eco con la sostanza».
I magistrati hanno dichiarato lo stato di agitazione soprattutto per proteggere i propri stipendi. Come pensa di riallacciare il dialogo?
«Un dazio al risanamento del Paese lo stiamo pagando tutti, ma siamo al lavoro per evitare che i tagli incidano sulla progressione economica. Per il resto sono convinto che più si entrerà nel merito dei provvedimenti e meno scontri ci saranno. Riteniamo che le nostre proposte possano essere condivise e quando ci sarà l'immunità per le alte cariche si toglierà ogni pretesto a chi in questi mesi si è sforzato di trovare il doppio fine o l'intento recondito nascosto dietro ogni proposta».
C'era proprio bisogno di paventare un decreto per bloccare la pubblicazione delle intercettazioni?
«La ratio politica che ci ha portato al disegno di legge esce molto rafforzato dallo scadimento che ha reso centrale nel dibattito pubblico di questi giorni l'eventuale pubblicazione di ipotetiche intercettazioni il cui contenuto nessuno conosce».
In realtà si vieta la diffusione degli atti di indagine fino al rinvio a giudizio. Non le sembra una censura preventiva?
«Sono sicuro che l'opinione pubblica continuerà a conoscere, come è giusto che sia, l'avvenimento e lo svolgimento delle indagini».
Come, se il divieto è tassativo?
«L'importante è evitare, come è avvenuto finora, che tutto sia spiattellato con gravi lesioni della privacy di tantissimi cittadini che non c'entrano nulla. La verità è che si è abusato delle intercettazioni trasformandole in mezzo di lotta politica. Non dimentichiamo che anche nella passata legislatura si era intervenuti con un testo analogo».
Non crede che il dibattito, a tratti surreale, di questi giorni vi abbia danneggiato?
«A leggere i sondaggi i cittadini hanno ben capito e continuano a darci ragione. Mi pare di capire che li leggano anche a sinistra e ora cambino linea cercando quella giusta».
Ministro, il suo è un rifiuto?
«Quello di Veltroni è un atteggiamento vago e un po' ambiguo: chiede di rinunciare ad una norma che dà priorità a reati recenti e più gravi offrendo una generica riapertura di dialogo che però non è in grado di reggere perché costretto, ormai troppo spesso, a virare verso il giustizialismo di Di Pietro. E per di più dice di non essere d'accordo nemmeno con la tutela per le alte cariche dello Stato».
Invece che cosa si aspettava?
«Proposte migliorative, ma non sono arrivate».
Berlusconi, la Lega e An non sembrano contrari. Sicuro che quella norma resterà?
«Il premier ha già detto che non intende beneficiarne ».
Lei ci crede?
«Noi pensiamo che se non incrociasse il destino di un suo procedimento con ogni probabilità sarebbe votata da quella sinistra che non ha avuto nulla a che ridire quando a introdurre criteri di selezione per agevolare i processi più gravi sono stati i procuratori, che ovviamente non avevano la possibilità di salvare gli altri dalla prescrizione».
Un conto è che siano i procuratori a indicare le priorità tenendo conto delle emergenze locali, altro è che sia il governo a sospendere migliaia di processi.
«Questa è un'obiezione specifica e concreta che apre una discussione e sulla quale si possono immaginare rimedi. Invece Veltroni e il Pd dicono soltanto: ritirate la norma. C'è un atteggiamento dolosamente omissivo da parte di chi continua a tacere che i processi non si estinguono ma sono sospesi e in ogni caso la maggior parte sono prossimi alla prescrizione, coperti da indulto o semiabbandonati ».
E allora perché non ne avete parlato in campagna elettorale?
«Perseguire i reati di maggior allarme sociale è una delle priorità del nostro programma e lo faremo dando precedenza ai processi recenti».
Secondo il Csm è una soluzione irragionevole e irrazionale.
«Secondo noi è il modo più efficace per garantire la selezione. Ho letto il parere e anche i parlamentari lo hanno avuto. Adesso la valutazione finale spetta alle Camere».
Non avevate annunciato neanche il lodo salvapremier.
«Nel punto relativo alla giustizia si dice che sarà data attuazione alle sentenze della Consulta non ancora tradotte in legge».
Non le pare un po' generico?
«È la realtà. E posso dire che entro settembre la norma sarà certamente approvata».
Il passo successivo sarà la legge per concedere l'immunità ai parlamentari?
«Non ci stiamo lavorando perché abbiamo tanta carne al fuoco. Però vedo che il tema nasce e si sviluppa se è vero che Pier Ferdinando Casini, alcuni esponenti del Pd e financo opinionisti ne cominciano a parlare. Non reputo sinceri quelli che affermano che il costituente le indovinò tutte tranne l'articolo 68, ma è una materia delicata, non trovo giusto trasformarla nel tormentone estivo».
Al primo incontro con l'Anm lei aveva annunciato misure per una giustizia più efficiente ed era stato accolto con un lungo applauso. Che ne è di quelle promesse?
«Appena approvato il lodo metteremo mano alla riforma del settore penale che punti all'efficienza, così come abbiamo già cominciato a fare nel settore civile introducendo le notifiche online, la penalità per chi alimenta pretestuosamente la controversia e il potenziamento delle soluzioni extragiudiziali delle liti».
Non era meglio farlo prima delle «norme ad personam»?
«Veramente i primi provvedimenti approvati e condivisi anche dai magistrati hanno riguardato l'ampliamento degli spazi per il giudizio immediato o direttissimo, le pene più gravi per chi guida ubriaco o drogato, il contrasto alla criminalità organizzata che aveva pochi precedenti negli anni passati, le norme in materia di rifiuti. Non confondiamo l'effetto eco con la sostanza».
I magistrati hanno dichiarato lo stato di agitazione soprattutto per proteggere i propri stipendi. Come pensa di riallacciare il dialogo?
«Un dazio al risanamento del Paese lo stiamo pagando tutti, ma siamo al lavoro per evitare che i tagli incidano sulla progressione economica. Per il resto sono convinto che più si entrerà nel merito dei provvedimenti e meno scontri ci saranno. Riteniamo che le nostre proposte possano essere condivise e quando ci sarà l'immunità per le alte cariche si toglierà ogni pretesto a chi in questi mesi si è sforzato di trovare il doppio fine o l'intento recondito nascosto dietro ogni proposta».
C'era proprio bisogno di paventare un decreto per bloccare la pubblicazione delle intercettazioni?
«La ratio politica che ci ha portato al disegno di legge esce molto rafforzato dallo scadimento che ha reso centrale nel dibattito pubblico di questi giorni l'eventuale pubblicazione di ipotetiche intercettazioni il cui contenuto nessuno conosce».
In realtà si vieta la diffusione degli atti di indagine fino al rinvio a giudizio. Non le sembra una censura preventiva?
«Sono sicuro che l'opinione pubblica continuerà a conoscere, come è giusto che sia, l'avvenimento e lo svolgimento delle indagini».
Come, se il divieto è tassativo?
«L'importante è evitare, come è avvenuto finora, che tutto sia spiattellato con gravi lesioni della privacy di tantissimi cittadini che non c'entrano nulla. La verità è che si è abusato delle intercettazioni trasformandole in mezzo di lotta politica. Non dimentichiamo che anche nella passata legislatura si era intervenuti con un testo analogo».
Non crede che il dibattito, a tratti surreale, di questi giorni vi abbia danneggiato?
«A leggere i sondaggi i cittadini hanno ben capito e continuano a darci ragione. Mi pare di capire che li leggano anche a sinistra e ora cambino linea cercando quella giusta».
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