Un saldatore a stagno di circa 20 watt di potenza; vanno molto bene quelli cosiddetti a stilo, dalla punta sottile, adatta per saldare con precisione particolari molto piccoli. L'importante è che sia un saldatore per elettronica ottimamente isolato, considerando che eventuali dispersioni di corrente potrebbero risultare dannose per certi componenti particolarmente delicati.
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Una matassina di filo di stagno, di quello che già contiene al suo interno la pasta disossidante necessaria alla pulizia delle parti da saldare; scegliete un filo sottile, di circa 0,8 mm di diametro
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Una dotazione di attrezzi di uso comune, come forbici, cacciaviti, pinze, tronchesine ecc.
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Uno strumento molto utile, anzi direi indispensabile, è un piccolo tester digitale; oggi si trovano buoni apparecchi a poche decine di migliaia di lire, tanto non serve uno strumento da laboratorio. Non vi consiglio uno strumento analogico (quelli con l'indice che si muove sulla scala graduata, per capirci) poichè, a parità di prezzo, quello digitale risulta più preciso, oltre ad essere di lettura più immediata.
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I primi componenti di cui parleremo sono le resistenze. In elettronica se ne usano tantissimi tipi, ma la loro funzione rimane sempre quella di determinare una caduta di tensione, e quindi di ottenere nei vari rami di un circuito le giuste correnti. Nel paragrafo che segue cercherò di illustrare meglio questi concetti. E' bene specificare subito che i valori in ohm delle resistenze non sono quasi mai scritti con dei numeri: esiste un codice basato su fascette colorate, che inizialmente può risultare un pò ostico, ma che col tempo e con la pratica si impara a leggere a colpo d'occhio. Tanto per abituarci, cominciamo subito a vedere il significato dei vari colori:
Se osservate una resistenza, vedrete (da una estremità o dall'altra) una fascetta color oro; questo colore indica che la tolleranza rispetto al valore nominale è del 5 %. Se la fascetta è color argento significa che la tolleranza è del 10 % (valore meno preciso e resistenza di minore qualità). Disponete la resistenza in modo che la fascetta dorata sia alla vostra destra (come in figura). Cominciate poi a leggere le tre fascette, da sinistra verso destra. Il colore della prima indica la prima cifra del valore; il colore della seconda fascetta indica la seconda cifra; il colore della terza vi dice quanti zeri dovete aggiungere. Nel caso della resistenza raffigurata come esempio, abbiamo: rosso, viola, arancio. A tali colori corrispondono i numeri 2, 7 e 3. Il valore è quindi 27 seguito da 3 zeri, cioè: 27000 ohm
RESISTENZE E CADUTE DI TENSIONE
Consideriamo il circuito di figura 1: una pila da 4,5 volt alimenta quattro resistenze che risultano collegate in serie; in seguito alla tensione della pila, nel circuito circola una corrente (indicata con i).
Le resistenze, indicate come R1, R2, R3, R4, hanno i seguenti valori: R1 = 120 ohm; R2 = 22 ohm ; R3 = 39 ohm; R4 = 56 ohm (intanto approfittate per esercitarvi a leggere i colori). La tensione della pila, nel mantenere in circuito la corrente i, deve vincere una dopo l'altra tutte e quattro le resistenze che incontra, vale a dire una resistenza totale di 120+22+39+56 = 237 ohm. Quanta corrente circola? Basta dividere la tensione della pila per la somma delle resistenze:
i = 4,5 / 237 = 0,01899 ampere
Osserviamo che siccome le correnti in elettronica sono in genere piuttosto deboli, è più conveniente misurarle non in ampere, ma in milliampere; in questo modo il numero che si ottiene è 1000 volte più grande e non contiene più tanti zeri: 0,01899 ampere sono uguali a 18,99 milliampere (si scrive abbreviato 18,99 mA). Diremo quindi che nel nostro circuito circola una corrente di 18,99 milliampere. E la tensione della pila che fine fa? Essa si ripartisce sulle varie resistenze, in modo proporzionale ai loro valori: in altre parole, ai capi di una resistenza di valore più alto troveremo una tensione di valore più alto. Cercando di spiegare con parole semplici quello che succede nel circuito, diremo quanto segue: la corrente che circola è una sola, ed è la stessa che attraversa uno dopo l'altro tutti i componenti del circuito; non potrebbe essere altrimenti, perchè non esistono altre strade alternative. Questa corrente circola a spese di una tensione, che deve esercitare uno sforzo ogni volta che la corrente incontra una resistenza. Più grande è la resistenza, maggiore è lo sforzo richiesto per far passare la corrente attraverso quella resistenza: ecco che allora la tensione totale di 4,5 volt si suddivide fra le varie resistenze, assumendo un valore più alto proprio ai capi di quelle resistenze che, essendo di maggior valore, richiedono più sforzo. La tensione presente ai capi di ogni resistenza rappresenta la caduta di tensione relativa a quella resistenza.
Adesso analizziamo in pratica quello che succede nel nostro circuito, effettuando misure di tensione in due modi diversi.
1) Misura della tensione nei vari punti del circuito.
In questo caso il puntale negativo del tester (quello di colore nero) sarà sempre collegato al polo negativo della pila (figura 2), perchè ogni misura di tensione va riferita al punto del circuito a potenziale zero (che in questo caso è il polo "-" della pila). Portiamo il puntale positivo (quello di colore rosso) sul punto t1 (cioè tra la R1 e la R2); leggendo la tensione troveremo 2,22 volt. Vuol dire che la tensione presente sulla pila, e cioè 4,5 volt, si è ridotta a 2,22; questo è l'effetto della caduta di tensione sulla prima resistenza (R1). Spostiamo adesso il puntale positivo sul punto t2: leggeremo una tensione di 1,8 volt: la tensione si è ancora ridotta, per effetto della seconda caduta di tensione ai capi della resistenza R2. Per finire, spostiamo il puntale sul punto t3: troveremo una tensione di 1,06 volt; questa tensione, che è quella residua dopo che la corrente ha attraversato le prime tre resistenze, è quella che permette alla corrente di compiere l'ultimo sforzo, ovvero di attraversare R4.
2) Misura delle cadute di tensione sulle singole resistenze.
Possiamo poi toglierci la curiosità di controllare come la tensione si ripartisce sulle varie resistenze, misurandola ai capi di ognuna di esse. In questo caso collegheremo i puntali del tester ai terminali della resistenza che ci interessa, facendo caso al verso della corrente (come si vede in figura 3): dal lato dove la corrente entra nella resistenza, collegheremo il puntale positivo (in genere di colore rosso); dal lato dove la corrente esce dalla resistenza, collegheremo il puntale negativo (di colore nero). Misuriamo la tensione ai capi della resistenza R1; leggeremo 2,28 volt. Leggiamo poi la tensione ai capi di R2 (è la posizione che si vede nella figura); troveremo 0,4 volt. Ai capi di R3 leggeremo 0,74 volt ed ai capi di R4 leggeremo 1,06 volt. Se sommiamo tutti questi valori, otteniamo un'altra volta 4,5 volt, e cioè la tensione della pila.
Il circuito visto fin'ora può essere ridisegnato come si vede in figura 4. La linea orizzontale in basso, collegata al polo negativo della pila, rappresenta il potenziale zero, detto anche "massa", del circuito; la linea orizzontale superiore, collegata al polo positivo, rappresenta la tensione di alimentazione. Nel disegno sono riportate le tensioni presenti nei punti di unione fra le varie resistenze, misurate, come abbiamo visto prima, rispetto al potenziale zero. In questo caso appare più evidente come la tensione vada calando man mano che dal polo positivo ci si avvicina alla massa (o polo negativo). Un simile circuito formato da più resistenze collegate in cascata (o, come si dice, "in serie"), costituisce quello che viene denominato "partitore di tensione".
Ma in genere le tensioni nei vari punti di un circuito vengono indicate semplicemente col valore numerico vicino al punto in questione (figura 5), poichè è sottinteso che tutte le tensioni sono sempre riferite alla massa del circuito. Quindi anche voi, quando misurerete una tensione in un punto del circuito, dovete sempre collegare uno dei puntali del tester (il puntale negativo) alla massa, intendendosi col termine "massa" tutti i punti del circuito che hanno potenziale zero.
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