Un alimentatore serve a far funzionare con l'energia elettrica di rete
tutte quelle apparecchiature che non possono essere collegate
direttamente alla presa a 220V, ma necessitano di una tensione diversa,
in genere molto più bassa, simile a quella fornita dalle pile.
Per fare in modo che la tensione alternata disponibile nelle prese di
casa diventi uguale a quella di una pila, l'alimentatore utilizza
diversi componenti, ciascuno con una specifica funzione: vedremo quali
sono questi componenti, esaminando la realizzazione del più semplice
degli alimentatori.
Osserviamo il grafico che segue: in alto vediamo la forma d'onda che ha
la tensione di rete a 220V applicata all'entrata del trasformatore
Al centro vediamo la tensione che si ottiene in uscita dopo averla
raddrizzata con un raddrizzatore a semionda, ovvero ad un solo diodo
In basso vediamo la tensione che si ottiene in uscita dopo averla
raddrizzata con un raddrizzatore ad onda intera, come quelli che
utilizzano 2 o 4 diodi.
TRE CIRCUITI PER UN ALIMENTATORE
Il circuito da usare dipende dal trasformatore di cui si dispone.
Se
il trasformatore ha un solo avvolgimento secondario (come quello di
figura 1a) è possibile realizzare lo schema di figura 5, che usa un
solo diodo, o quello di figura 6, che ne usa quattro.
Il circuito di figura 5 è più semplice, ma siccome sfrutta una sola
semionda della tensione alternata è più adatto per utilizzatori che
assorbono poca corrente (non più di 50 mA).
Quando occorre una corrente più forte è bene utilizzare lo schema con
quattro diodi (figura 6), che sfrutta entrambe le semionde e quindi
permette un migliore livellamento della tensione in uscita.
Se il trasformatore è dotato di un avvolgimento secondario doppio, cioè
con presa centrale (come il trasformatore della figura 1b), è possibile
raddrizzare entrambe le semionde della corrente alternata usando due
soli diodi (circuito di figura 7). Nel caso della figura 1b, i diodi
vanno collegati ai pin 3 e 6, mentre la presa centrale si ottiene
collegando insieme i pin 4 e 5.
L'alimentatore descritto è molto semplice, per cui non dispone di un
sistema di regolazione della tensione che arriva all'utilizzatore; per
ottenere in uscita la tensione desiderata, l'unico modo è quello di
usare un trasformatore il cui secondario dia una tensione ben precisa.
Vediamo allora come va calcolata la tensione secondaria del
trasformatore:
Con questi calcoli si ottiene VS e
cioè il valore della tensione che deve avere il secondario del
trasformatore; chi non ha voglia di fare conti, nella tabella a destra
trova i valori già calcolati. Occorre tenere presente che i valori
indicati sono approssimativi, anche perchè, a meno di non farlo
avvolgere appositamente, difficilmente si riuscirà a trovare un
trasformatore con le tensioni esatte.
Il trasformatore deve poi essere adatto alla potenza richiesta: occorre
moltiplicare la tensione di funzionamento dell'utilizzatore per la
corrente che esso richiede; il valore ottenuto va maggiorato di circa
il 20% se l'alimentatore deve funzionare saltuariamente, oppure del 40%
nel caso di funzionamento prolungato o continuo.
Esempio pratico: un apparecchio deve funzionare a 12 V ed assorbe una corrente di 1,5 A; la potenza del trasformatore è:
I diodi vanno scelti in base alla tensione ed alla corrente che li
attraversa. Per la tensione non ci sono problemi, considerato che
qualunque diodo raddrizzatore può funzionare tranquillamente fino a
tensioni di almeno 50V. La corrente va calcolata in previsione del
fatto che, al momento dell'accensione, i diodi sono attraversati dal
forte picco di corrente che va a caricare il condensatore elettrolitico
completamente scarico; per tale motivo è bene utilizzare diodi in grado
di sopportare correnti maggiori di quelle richieste dall'utilizzatore,
e ciò tanto più quanto maggiore è la capacità del condensatore di
livellamento. In particolare, nel raddrizzatore a un solo diodo,
occorre considerare che la corrente passa nel diodo stesso solo per
metà del tempo di funzionamento, per cui il suo flusso risulta
discontinuo, con picchi di valore doppio.
La tabella a lato descrive i diodi raddrizzatori di uso più comune.
Il condensatore deve essere adatto alla tensione di uscita
dell'alimentatore; in merito alla sua capacità, questa dipende sia
dalla corrente richiesta dall'utilizzatore, sia dal circuito
utilizzato: con un raddrizzatore ad una semionda, per esempio, occorre
un condensatore di capacità doppia rispetto ad un raddrizzatore a due
semionde.
Il calcolo del condensatore è piuttosto complesso, e tiene anche conto
della percentuale di ondulazione residua che si è disposti ad accettare
in uscita; per tale motivo consiglio allora di procedere per via
sperimentale, usando per esempio un valore di capacità iniziale di
circa 1000 µF. In carti casi ci si accorge che tale valore è
insufficiente: per esempio, usando l'alimentatore per far funzionare
una radiolina, si avverte nell'altoparlante un certo ronzio; in tal
caso è senz'altro possibile passare gradualmente a valori più alti,
come 2200, 3300 o 4700 µF (si noterà che man mano il ronzio diminuisce).
Molte volte, gli apparecchi che funzionano a pile hanno una presa
prevista appositamente per il collegamento ad un alimentatore da rete;
si tratta quasi sempre di una presa coassiale, nelle cui vicinanze,
sull'involucro dell'apparecchio, è contrassegnata la polarità dei fili
da collegare (positivo sul contatto centrale, negativo sul contatto
esterno - o viceversa). Per collegarci a tale presa, dobbiamo dotare il
nostro alimentatore della spina corrispondente (figura , facendo
attenzione a collegare nel modo corretto i fili positivo e negativo.
tutte quelle apparecchiature che non possono essere collegate
direttamente alla presa a 220V, ma necessitano di una tensione diversa,
in genere molto più bassa, simile a quella fornita dalle pile.
Per fare in modo che la tensione alternata disponibile nelle prese di
casa diventi uguale a quella di una pila, l'alimentatore utilizza
diversi componenti, ciascuno con una specifica funzione: vedremo quali
sono questi componenti, esaminando la realizzazione del più semplice
degli alimentatori.
| IL TRASFORMATORE Il trasformatore ha il compito di abbassare la tensione di rete; esso è composto in genere da due avvolgimenti distinti: uno, di entrata, detto primario, che viene collegato a 220V; uno di uscita, detto secondario, che fornisce una tensione più bassa di quella in entrata, adatta alle esigenze dell'utilizzatore, cioè dell'apparecchio che si vuole alimentare. A seconda dei tipi, il trasformatore può avere uno o due avvolgimenti secondari; vedremo come sfruttare nel modo migliore sia un tipo che l'altro. IL RADDRIZZATORE La tensione che esce dal trasformatore non può alimentare un apparecchio fatto per funzionare con delle pile; mentre le pile hanno infatti una tensione continua, la tensione che esce dal trasformatore è ancora una tensione alternata, il che vuol dire che cambia di polarità continuamente (per l'esattezza: 50 volte al secondo). Occorre allora "raddrizzare" tale tensione, per ottenere che all'utilizzatore arrivi un flusso di corrente diretto sempre nello stesso verso. Il compito di bloccare la corrente nei momenti in cui il flusso si inverte è affidato al diodo; si possono usare uno, due o quattro diodi, secondo vari circuti che presto vedremo. IL CONDENSATORE DI LIVELLAMENTO La tensione alternata che arriva dal trasformatore, resa monodirezionale tramite i diodi, non ha ancora un valore costante: il suo valore cambia continuamente, passando da zero a un valore massimo, e questo accade, come si è detto prima, cinquanta volte in un secondo. Il condensatore che si aggiunge al circuito funziona come serbatoio di riserva: immagazzina energia quando la tensione è massima e la restituisce quando la tensione tende a scendere. |
Osserviamo il grafico che segue: in alto vediamo la forma d'onda che ha
la tensione di rete a 220V applicata all'entrata del trasformatore
Al centro vediamo la tensione che si ottiene in uscita dopo averla
raddrizzata con un raddrizzatore a semionda, ovvero ad un solo diodo
In basso vediamo la tensione che si ottiene in uscita dopo averla
raddrizzata con un raddrizzatore ad onda intera, come quelli che
utilizzano 2 o 4 diodi.
Figura 4 |
TRE CIRCUITI PER UN ALIMENTATORE
Il circuito da usare dipende dal trasformatore di cui si dispone.
Se
il trasformatore ha un solo avvolgimento secondario (come quello di
figura 1a) è possibile realizzare lo schema di figura 5, che usa un
solo diodo, o quello di figura 6, che ne usa quattro.
Figura 5 - con un solo diodo si raddrizza una sola semionda della corrente alternata |
Il circuito di figura 5 è più semplice, ma siccome sfrutta una sola
semionda della tensione alternata è più adatto per utilizzatori che
assorbono poca corrente (non più di 50 mA).
Quando occorre una corrente più forte è bene utilizzare lo schema con
quattro diodi (figura 6), che sfrutta entrambe le semionde e quindi
permette un migliore livellamento della tensione in uscita.
Figura 6 - con 4 diodi vengono raddrizzate entrambe le semionde |
Se il trasformatore è dotato di un avvolgimento secondario doppio, cioè
con presa centrale (come il trasformatore della figura 1b), è possibile
raddrizzare entrambe le semionde della corrente alternata usando due
soli diodi (circuito di figura 7). Nel caso della figura 1b, i diodi
vanno collegati ai pin 3 e 6, mentre la presa centrale si ottiene
collegando insieme i pin 4 e 5.
Figura 7 - se il trasformatore ha un doppio secondario bastano due diodi per raddrizzare entrambe le semionde |
L'alimentatore descritto è molto semplice, per cui non dispone di un
sistema di regolazione della tensione che arriva all'utilizzatore; per
ottenere in uscita la tensione desiderata, l'unico modo è quello di
usare un trasformatore il cui secondario dia una tensione ben precisa.
Vediamo allora come va calcolata la tensione secondaria del
trasformatore:
|
- chiamiamo VU la tensione che deve arrivare all'utilizzatore
- aggiungiamo 1 al valore di VU per tenere conto della caduta di tensione nei diodi raddrizzatori
- dividiamo il valore ottenuto per 1,41 per passare dal valore massimo al valore efficace
- moltiplichiamo il valore ottenuto per 1,1 per tenere conto
della caduta di tensione nel trasformatore durante il funzionamento
sotto carico
Con questi calcoli si ottiene VS e
cioè il valore della tensione che deve avere il secondario del
trasformatore; chi non ha voglia di fare conti, nella tabella a destra
trova i valori già calcolati. Occorre tenere presente che i valori
indicati sono approssimativi, anche perchè, a meno di non farlo
avvolgere appositamente, difficilmente si riuscirà a trovare un
trasformatore con le tensioni esatte.
Il trasformatore deve poi essere adatto alla potenza richiesta: occorre
moltiplicare la tensione di funzionamento dell'utilizzatore per la
corrente che esso richiede; il valore ottenuto va maggiorato di circa
il 20% se l'alimentatore deve funzionare saltuariamente, oppure del 40%
nel caso di funzionamento prolungato o continuo.
Esempio pratico: un apparecchio deve funzionare a 12 V ed assorbe una corrente di 1,5 A; la potenza del trasformatore è:
- 12 x 1,5 x 1,2 = 21,6 VA (per funzionamento saltuario)
- 12 x 1,5 x 1,4 = 25,2 VA (per funzionamento prolungato)
|
I diodi vanno scelti in base alla tensione ed alla corrente che li
attraversa. Per la tensione non ci sono problemi, considerato che
qualunque diodo raddrizzatore può funzionare tranquillamente fino a
tensioni di almeno 50V. La corrente va calcolata in previsione del
fatto che, al momento dell'accensione, i diodi sono attraversati dal
forte picco di corrente che va a caricare il condensatore elettrolitico
completamente scarico; per tale motivo è bene utilizzare diodi in grado
di sopportare correnti maggiori di quelle richieste dall'utilizzatore,
e ciò tanto più quanto maggiore è la capacità del condensatore di
livellamento. In particolare, nel raddrizzatore a un solo diodo,
occorre considerare che la corrente passa nel diodo stesso solo per
metà del tempo di funzionamento, per cui il suo flusso risulta
discontinuo, con picchi di valore doppio.
La tabella a lato descrive i diodi raddrizzatori di uso più comune.
Il condensatore deve essere adatto alla tensione di uscita
dell'alimentatore; in merito alla sua capacità, questa dipende sia
dalla corrente richiesta dall'utilizzatore, sia dal circuito
utilizzato: con un raddrizzatore ad una semionda, per esempio, occorre
un condensatore di capacità doppia rispetto ad un raddrizzatore a due
semionde.
Il calcolo del condensatore è piuttosto complesso, e tiene anche conto
della percentuale di ondulazione residua che si è disposti ad accettare
in uscita; per tale motivo consiglio allora di procedere per via
sperimentale, usando per esempio un valore di capacità iniziale di
circa 1000 µF. In carti casi ci si accorge che tale valore è
insufficiente: per esempio, usando l'alimentatore per far funzionare
una radiolina, si avverte nell'altoparlante un certo ronzio; in tal
caso è senz'altro possibile passare gradualmente a valori più alti,
come 2200, 3300 o 4700 µF (si noterà che man mano il ronzio diminuisce).
|
Molte volte, gli apparecchi che funzionano a pile hanno una presa
prevista appositamente per il collegamento ad un alimentatore da rete;
si tratta quasi sempre di una presa coassiale, nelle cui vicinanze,
sull'involucro dell'apparecchio, è contrassegnata la polarità dei fili
da collegare (positivo sul contatto centrale, negativo sul contatto
esterno - o viceversa). Per collegarci a tale presa, dobbiamo dotare il
nostro alimentatore della spina corrispondente (figura , facendo
attenzione a collegare nel modo corretto i fili positivo e negativo.
Sab Ott 13, 2012 11:06 pm Da NICO50
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