Il transistor è alla base dell'elettronica dei nostri tempi. Anche se
come componente singolo viene usato molto meno che in passato, è sempre
opportuno ed utile conoscere le caratteristiche principali ed il
funzionamento di questo minuscolo dispositivo a stato solido.
Un
transistor può avere diversi aspetti, a seconda del fabbricante e del
tipo di applicazioni per cui è previsto; in ogni caso, i terminali o
punti di contatto che permettono di inserirlo in un circuito sono tre,
e sono sempre gli stessi: collettore, emettitore e base.
I transistor di bassa potenza, il cui scopo è principalmente
l'amplificazione dei segnali, hanno in genere l'aspetto di uno dei
primi due a sinistra: da un piccolo corpo più o meno cilindrico,
metallico o di materiale plastico, fuoriescono tre zampe, nella forma
di fili o di linguette, che sono i tre elettrodi ci cui si parlava poco
fa. La disposizione di questi elettrodi può variare da un tipo
all'altro, e va quindi determinata disponendo delle informazioni
tecniche relative (i famosi "data sheet"). Per certi transistori di
vecchio tipo, sul corpo cilindrico era marcato un puntino colorato che
indicava il collettore; in altri è presente sull'involucro metallico
una minuscola linguetta, in corrispondenza della quale si trova
l'emettitore.
Una prima divisione nel mondo dei transistor riguarda la polarità degli
elettrodi; senza scendere troppo nei particolari, almeno per il
momento, sarà sufficiente sapere che esistono transistori NPN e
transistori PNP. La differenza principale è che il funzionamento in
circuito è invertito: mentre per un NPN il collettore deve essere
collegato al polo positivo e l'emettitore al negativo, nel caso di un
PNP le polarità sono di segno opposto. L'esistenza di queste due
famiglie di transistori torna molto utile, perchè permette di
realizzare circuitazioni particolari, sfruttando le diverse polarità.
In base all'impiego, i transistori presentano altre caratteristiche,
che possono variare anche molto da un tipo all'altro. Vediamo in breve
le principali:
- Caratteristiche limite di funzionamento, superando le quali il transistor si distrugge:
Vce - è la massima tensione che può essere applicata fra il collettore e l'emettitore
Vbe - è la massima tensione che può essere applicata fra la base e l'emettitore
Ic - è la massima corrente che può attraversare il circuito di collettore
Ib - è la massima corrente che può attraversare il circuito di base
- Frequenza di taglio:
È la frequenza oltre la quale la
capacità di amplificazione del transistor discende rapidamente.
Qualunque transistor può lavorare con segnali all'interno di una certa
banda di frequenze. Se, per esempio, dobbiamo costruire un
amplificatore audio, quello della frequenza di taglio non sarà certo un
problema, visto che qualunque transistor può funzionare ben al di là
dei 20.000 hertz delle frequenze acustiche. Se invece si intende
amplificare segnali ad alta frequenza (per esempio onde radio a
modulazione di frequenza) occorre prestare molta attenzione a scegliere
un transistor che presenti un buon guadagno a frequenze di 100
megahertz ed oltre. Lo stesso dicasi per realizzare ad esempio un
generatore di funzioni, in grado di produrre una reale onda quadra: in
questo caso è opportuno ricorrere a quei tipi definiti "transistori per
commutazione", che sono caratterizzati da tempi di salita e discesa
molto brevi e quindi si adattano alle tecniche impulsive.
- Guadagno:
definisce la capacità di amplificazione del
transistor e viene indicato in db (decibel); per quelli che hanno
qualche conoscenza di matematica, si può aggiungere che il decibel è il
logaritmo di un rapporto: nel nostro caso, indicando con dIb una qualsiasi variazione della corrente di base e con dIc la corrispondente variazione della corrente di collettore, il guadagno risulta dalla formula: g = 20 log (dIc / dIb)
Il guadagno è legato alla frequenza del segnale; rimane
praticamente costante fino ad un certo valore, oltre il quale comincia
a diminuire rapidamente: tale valore viene appunto definito frequenza
di taglio.
Dopo queste considerazioni noiose, passiamo a qualcosa di più pratico e
interessante: mettiamo in circuito il primo transistor. Dobbiamo
naturalmente procurarcene uno, insieme ad un pò di altro materiale.
Ecco allora una piccola lista della spesa da portare al nostro paziente
(speriamo!) negoziante:
- Un transistor NPN tipo BC107, BC108, BC208, 2N1711, BC237 o equivalenti
- Un diodo LED
- Due resistenze da 1/2 watt, del valore rispettivamente di 220 ohm e 1,5 Kohm
Per alimentare il nostro circuito useremo l'alimentatore che abbiamo
costruito seguendo le indicazioni delle lezioni precedenti; in sua
mancanza, vanno bene anche due pile piatte collegate in serie, in modo
da ottenere 9 volt (vedi riquadro a fianco).
Cominciamo parlando del diodo LED;
oltre ad essere un vero e proprio diodo, nel senso che si lascia
attraversare dalla corrente solo in un verso, presenta la
caratteristica di essere luminoso: quando viene collegato alla giusta
tensione (di circa 1,5 volt) esso si accende come una minuscola
lampadina, ed emette una luce il cui colore dipende dal tipo di diodo
(può essere rossa, gialla, verde, ecc.).
Essendo un diodo a tutti gli effetti, il LED va inserito in
circuito nel verso giusto;
se osservate un LED per trasparenza, noterete al suo interno che i due
elettrodi sono diversi (come si vede in figura): il più piccolo dei due
è quello che va collegato al polo positivo; l'altro va collegato al
negativo.
Nel nostro caso, siccome vogliamo alimentare il LED con l'alimentatore
a 12 volt, non possiamo collegarlo direttamente, perchè si brucerebbe.
Come si vede in figura, inseriremo in serie al LED una resistenza, del
valore di 220 ohm, per limitare la corrente che passa. Adesso possiamo
attaccare il tutto all'alimentatore o alle pile: il diodo led deve
accendersi. Raggiunto questo primo risultato, possiamo passare ad
inserire il transistor.
Dopo aver identificato con sicurezza i tre piedini (eventualmente
chiedete al vostro fornitore) collegate l'emettitore al polo negativo o
massa. Lasciate scollegata, per il momento, la base del transistor. Al
collettore collegate la resistenza da 220 ohm, quella che proviene dal
diodo LED, realizzando il circuito della figura qui a sinistra. Quando
accendete l'alimentatore, il diodo led non deve accendersi; la
corrente, infatti, non può passare, essendo presente il transistor che
la blocca.
Colleghiamo adesso in circuito anche la base del transistor, cioè il
piedino che avevamo lasciato scollegato. Vi salderemo la resistenza da
1,5 kohm che a sua volta sarà collegata al polo positivo. Se adesso
ridiamo corrente al circuito, vedremo che il diodo LED si accende.
Cosa è cambiato nel transistor? Attraverso la resistenza R2, una
debole corrente, indicata in figura con ib, circola nel circuito di
base; questa corrente innesca il passaggio di una corrente più forte
nel circuito di collettore (indicata con ic) e così il LED si accende.
Osserviamo quindi che con una corrente di pochi milliampere (la
corrente che entra in base) possiamo comandare una corrente di alcune
centinaia di milliampere nel circuito di collettore: è questo il
principio del transistor, che risulta essere pertanto un "amplificatore di corrente".
Non
siate delusi; questa era solo una semplice applicazione dimostrativa,
utile anche per prendere confidenza col montaggio dei componenti.
Cercate quindi di ottenere il funzionamento descritto; se il LED non si
accende, o si accende quando non dovrebbe, controllate bene: qualche
componente è collegato male; provate e riprovate, prima di procedere
con le prossime applicazioni.
come componente singolo viene usato molto meno che in passato, è sempre
opportuno ed utile conoscere le caratteristiche principali ed il
funzionamento di questo minuscolo dispositivo a stato solido.
Un
transistor può avere diversi aspetti, a seconda del fabbricante e del
tipo di applicazioni per cui è previsto; in ogni caso, i terminali o
punti di contatto che permettono di inserirlo in un circuito sono tre,
e sono sempre gli stessi: collettore, emettitore e base.
I transistor di bassa potenza, il cui scopo è principalmente
l'amplificazione dei segnali, hanno in genere l'aspetto di uno dei
primi due a sinistra: da un piccolo corpo più o meno cilindrico,
metallico o di materiale plastico, fuoriescono tre zampe, nella forma
di fili o di linguette, che sono i tre elettrodi ci cui si parlava poco
fa. La disposizione di questi elettrodi può variare da un tipo
all'altro, e va quindi determinata disponendo delle informazioni
tecniche relative (i famosi "data sheet"). Per certi transistori di
vecchio tipo, sul corpo cilindrico era marcato un puntino colorato che
indicava il collettore; in altri è presente sull'involucro metallico
una minuscola linguetta, in corrispondenza della quale si trova
l'emettitore.
Una prima divisione nel mondo dei transistor riguarda la polarità degli
elettrodi; senza scendere troppo nei particolari, almeno per il
momento, sarà sufficiente sapere che esistono transistori NPN e
transistori PNP. La differenza principale è che il funzionamento in
circuito è invertito: mentre per un NPN il collettore deve essere
collegato al polo positivo e l'emettitore al negativo, nel caso di un
PNP le polarità sono di segno opposto. L'esistenza di queste due
famiglie di transistori torna molto utile, perchè permette di
realizzare circuitazioni particolari, sfruttando le diverse polarità.
In base all'impiego, i transistori presentano altre caratteristiche,
che possono variare anche molto da un tipo all'altro. Vediamo in breve
le principali:
- Caratteristiche limite di funzionamento, superando le quali il transistor si distrugge:
Vce - è la massima tensione che può essere applicata fra il collettore e l'emettitore
Vbe - è la massima tensione che può essere applicata fra la base e l'emettitore
Ic - è la massima corrente che può attraversare il circuito di collettore
Ib - è la massima corrente che può attraversare il circuito di base
- Frequenza di taglio:
È la frequenza oltre la quale la
capacità di amplificazione del transistor discende rapidamente.
Qualunque transistor può lavorare con segnali all'interno di una certa
banda di frequenze. Se, per esempio, dobbiamo costruire un
amplificatore audio, quello della frequenza di taglio non sarà certo un
problema, visto che qualunque transistor può funzionare ben al di là
dei 20.000 hertz delle frequenze acustiche. Se invece si intende
amplificare segnali ad alta frequenza (per esempio onde radio a
modulazione di frequenza) occorre prestare molta attenzione a scegliere
un transistor che presenti un buon guadagno a frequenze di 100
megahertz ed oltre. Lo stesso dicasi per realizzare ad esempio un
generatore di funzioni, in grado di produrre una reale onda quadra: in
questo caso è opportuno ricorrere a quei tipi definiti "transistori per
commutazione", che sono caratterizzati da tempi di salita e discesa
molto brevi e quindi si adattano alle tecniche impulsive.
- Guadagno:
definisce la capacità di amplificazione del
transistor e viene indicato in db (decibel); per quelli che hanno
qualche conoscenza di matematica, si può aggiungere che il decibel è il
logaritmo di un rapporto: nel nostro caso, indicando con dIb una qualsiasi variazione della corrente di base e con dIc la corrispondente variazione della corrente di collettore, il guadagno risulta dalla formula: g = 20 log (dIc / dIb)
Il guadagno è legato alla frequenza del segnale; rimane
praticamente costante fino ad un certo valore, oltre il quale comincia
a diminuire rapidamente: tale valore viene appunto definito frequenza
di taglio.
Dopo queste considerazioni noiose, passiamo a qualcosa di più pratico e
interessante: mettiamo in circuito il primo transistor. Dobbiamo
naturalmente procurarcene uno, insieme ad un pò di altro materiale.
Ecco allora una piccola lista della spesa da portare al nostro paziente
(speriamo!) negoziante:
- Un transistor NPN tipo BC107, BC108, BC208, 2N1711, BC237 o equivalenti
- Un diodo LED
- Due resistenze da 1/2 watt, del valore rispettivamente di 220 ohm e 1,5 Kohm
Usando le pile, risulta comodo servirsi di una coppia di spinette maschio/femmina (come quelle di colore rosso in figura) per collegare e scollegare le pile dal circuito, mentre tutti gli altri fili rimangono permanentemente saldati, una volta per tutte |
Per alimentare il nostro circuito useremo l'alimentatore che abbiamo
costruito seguendo le indicazioni delle lezioni precedenti; in sua
mancanza, vanno bene anche due pile piatte collegate in serie, in modo
da ottenere 9 volt (vedi riquadro a fianco).
Cominciamo parlando del diodo LED;
oltre ad essere un vero e proprio diodo, nel senso che si lascia
attraversare dalla corrente solo in un verso, presenta la
caratteristica di essere luminoso: quando viene collegato alla giusta
tensione (di circa 1,5 volt) esso si accende come una minuscola
lampadina, ed emette una luce il cui colore dipende dal tipo di diodo
(può essere rossa, gialla, verde, ecc.).
Essendo un diodo a tutti gli effetti, il LED va inserito in
circuito nel verso giusto;
se osservate un LED per trasparenza, noterete al suo interno che i due
elettrodi sono diversi (come si vede in figura): il più piccolo dei due
è quello che va collegato al polo positivo; l'altro va collegato al
negativo.
a 12 volt, non possiamo collegarlo direttamente, perchè si brucerebbe.
Come si vede in figura, inseriremo in serie al LED una resistenza, del
valore di 220 ohm, per limitare la corrente che passa. Adesso possiamo
attaccare il tutto all'alimentatore o alle pile: il diodo led deve
accendersi. Raggiunto questo primo risultato, possiamo passare ad
inserire il transistor.
Dopo aver identificato con sicurezza i tre piedini (eventualmente
chiedete al vostro fornitore) collegate l'emettitore al polo negativo o
massa. Lasciate scollegata, per il momento, la base del transistor. Al
collettore collegate la resistenza da 220 ohm, quella che proviene dal
diodo LED, realizzando il circuito della figura qui a sinistra. Quando
accendete l'alimentatore, il diodo led non deve accendersi; la
corrente, infatti, non può passare, essendo presente il transistor che
la blocca.
Colleghiamo adesso in circuito anche la base del transistor, cioè il
piedino che avevamo lasciato scollegato. Vi salderemo la resistenza da
1,5 kohm che a sua volta sarà collegata al polo positivo. Se adesso
ridiamo corrente al circuito, vedremo che il diodo LED si accende.
Cosa è cambiato nel transistor? Attraverso la resistenza R2, una
debole corrente, indicata in figura con ib, circola nel circuito di
base; questa corrente innesca il passaggio di una corrente più forte
nel circuito di collettore (indicata con ic) e così il LED si accende.
Osserviamo quindi che con una corrente di pochi milliampere (la
corrente che entra in base) possiamo comandare una corrente di alcune
centinaia di milliampere nel circuito di collettore: è questo il
principio del transistor, che risulta essere pertanto un "amplificatore di corrente".
Non
siate delusi; questa era solo una semplice applicazione dimostrativa,
utile anche per prendere confidenza col montaggio dei componenti.
Cercate quindi di ottenere il funzionamento descritto; se il LED non si
accende, o si accende quando non dovrebbe, controllate bene: qualche
componente è collegato male; provate e riprovate, prima di procedere
con le prossime applicazioni.
Sab Ott 13, 2012 11:06 pm Da NICO50
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