Per cominciare, ricordiamo che per alimentatore si intende
un'apparecchiatura in grado di fornire ad un determinato circuito
elettronico le giuste tensioni (e quindi le correnti) necessarie al suo
corretto funzionamento.
In genere, il compito di un alimentatore è quello di trasformare una
tensione di un certo tipo e valore in un'altra avente caratteristiche
adeguate alla apparecchiatura da alimentare; il caso più comune è
quello in cui si parte da una tensione alternata (quasi sempre i 220 V
di rete) per arrivare ad una tensione continua di basso valore (ad
esempio 12 V).
Un circuito classico è quello di figura 1, che risulta composto dai
soliti elementi: il trasformatore, il ponte di diodi, il condensatore
di filtro e l'elemento di regolazione. In particolare, l'elemento di
regolazione, che in genere è un circuito integrato di tipo serie,
mantiene costante la tensione in uscita comportandosi come una
resistenza variabile: se la tensione in ingresso è troppo alta, oppure
se il carico richiede poca corrente, il regolatore aumenta la sua
resistenza; se la tensione in ingresso scende, oppure se il carico
richiede più corrente, la resistenza del regolatore diminuisce. La
regolazione della tensione in uscita è ottenuta quindi variando la
caduta di tensione ai capi dell'elemento serie di regolazione; il
sistema funziona perfettamente, ma ci sono casi in cui la dissipazione
di potenza è notevole.
Si pensi ad un alimentatore in grado di fornire 5 A in uscita, con una
tensione regolabile da pochi volt fino a 25 V; se per esempio usiamo
tale alimentatore per far funzionare un apparecchio che assorbe 5 A a
12 V,
tutta
la differenza fra 25 V e 12 V sarà dissipata dall'integrato regolatore
di tensione: facendo due conti, si trova che la potenza dissipata (e
cioè sprecata) vale in tal caso 65W !
In altre parole, è più la potenza sprecata che quella utilizzata dal
nostro apparecchio a 12 V. A parte l'inutile consumo di corrente, un
simile alimentatore richiede un trasformatore notevolmente grosso e
costoso, con relativi ingombro e peso.
Esiste invece un altro modo di ottenere le tensioni desiderate, usando
componenti piccoli e leggeri, di resa elevata, e sprecando pochissima
potenza: stiamo parlando dei cosiddetti "Alimentatori switching".
Il principio fondamentale su cui si basa il funzionamento di un
alimentatore switching è detto PWM, dall'Inglese "Pulse Width
Modulation", e cioè modulazione della larghezza dell'impulso.
Molto brevemente, la tensione di alimentazione arriva nella forma di
una serie di impulsi (figura 2), a frequenza costante, distanziati uno
dall'altro da un tempo T. Chiameremo TON il tempo in cui l'impulso è alto, e cioè c'è tensione, e TOFF
il tempo in cui l'impulso è zero e quindi non c'è tensione. Poichè gli
impulsi sono a frequenza costante, anche l'intervallo di tempo T ha
valore costante: la modulazione PWM consiste nel far variare il tempo TON; naturalmente, quando TON si allunga, TOFF diventa necessariamente più breve.
Il rapporto fra il tempo TON ed il tempo totale T è una grandezza caratteristica, che viene denominata "duty cycle" (si pronuncia più o meno diuti saicol).
In figura 3 si vedono tre casi in cui il duty cycle ha valori diversi:
- nel caso 1 TON è quasi nullo: il duty cycle è pertanto prossimo a zero, e la tensione è presente solo per brevissimi istanti
- nel caso 2 TON è uguale a TOFF: il duty cycle è pari al 50% e la tensione è presente per metà del tempo
- nel caso 3 TON è quasi massimo: il duty cycle è molto vicino al 100%; la tensione è in pratica sempre presente
Facendo pervenire tali impulsi ad una rete LC, si ottiene una tensione di uscita VOUT
il cui valore dipende dalla larghezza degli impulsi, ed è esattamente
uguale al valore di picco moltiplicato per il duty cycle. In figura 4
sono mostrati tre diversi casi di impulsi modulati, caratterizzati
rispettivamente da un duty cycle di 0,25 - 0,5 e 0,75. Supponendo che
la tensione di picco Vp degli impulsi sia di 48 V, se si filtrano tali
impulsi con una rete come quella a sinistra in figura, costituita da
una induttanza L e da una capacità C, si ottiene in uscita una tensione
uguale a Vp moltiplicato per il valore del duty cycle; nei casi
indicati come esempio, si otterranno quindi tensioni di 12 V, 24 V e 36
V.
Si comprende quindi come, modulando la larghezza dell'impulso, sia
possibile ottenere qualsiasi tensione in uscita, e senza dissipare
inutilmente parte della potenza. Naturalmente, affinchè la tensione in
uscita sia esente da ondulazioni e disturbi, occorrerà dimensionare
opportunamente i componenti del filtro, scegliendo inoltre una
frequenza di clock il più elevata possibile.
Esistono diversi tipi di soluzioni per realizzare un alimentatore switching; il più comune è il buck regulator, detto anche step-down,
che viene usato per convertire una tensione continua in un'altra
tensione continua di valore più basso. Lo schema di principio di tale
regolatore è riportato nella parte sinistra di figura 5: la tensione
continua da regolare entra su +Vin e -Vin; un transistor che agisce
come switch permette o meno il passaggio della corrente. Attraverso
l'induttanza L la corrente arriva al carico (LOAD) ed al condensatore
che agisce da filtro.
A destra si vedono le due fasi che corrispondono allo stato oN e allo stato OFF dello switch:
-
quando lo switch è chiuso (ON), la corrente attraversa l'induttanza ed
arriva sia al condensatore C, caricandolo, che all'utilizzatore (LOAD);
il diodo D risulta collegato in senso inverso, per cui è come se non ci
fosse
- quando lo switch è aperto (OFF), poichè la corrente nell'induttanza
non può interrompersi bruscamente, si crea ai capi di quest'ultima una
tensione tale da continuare a mantenere la corrente che era in circolo;
la corrente fluisce allora nel carico, insieme alla corrente che adesso
viene ceduta dal condensatore, e, attraverso il diodo D, ritorna
all'induttanza.
Il comando dello switch è affidato ad un apposito circuito (control)
che verifica la tensione presente sul carico e, di conseguenza,
modifica la durata dei tempi TON e TOFF.
La corrente nell'induttanza (figura 6) ha quindi un andamento
triangolare, con tendenza a salire nelle fasi di switch ON, e tendenza
a scendere nelle fasi di switch OFF; dimensionando opportunamente
l'induttanza, si cerca di contenere questa ondulazione ( o "ripple")
entro il 20% o il 30% della corrente media.
Grazie al metodo PWM, si ottiene inoltre il vantaggio di una maggiore
elasticità nella scelta della tensione in entrata: ciò significa che,
per ottenere ad esempio una tensione di uscita di 12 V, posso usare
anche un trasformatore con secondario a 50 V; provvederà il circuito di
controllo ad effettuare la giusta regolazione degli impulsi, senza
problemi di potenza perduta e di eccessivo riscaldamento dei vari
componenti.
In altre pagine di questo sito vedremo la costruzione pratica di un
alimentatore del tipo descritto. Esistono naturalmente diverse altre
tipologie di alimentatori switching, ma la loro trattazione esula dagli
scopi di questo semplice corso, concepito prevalentemente per chi si
dedica all'elettronica come principiante, alla ricerca di semplici
circuiti dal funzionamento immediato.
un'apparecchiatura in grado di fornire ad un determinato circuito
elettronico le giuste tensioni (e quindi le correnti) necessarie al suo
corretto funzionamento.
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In genere, il compito di un alimentatore è quello di trasformare una
tensione di un certo tipo e valore in un'altra avente caratteristiche
adeguate alla apparecchiatura da alimentare; il caso più comune è
quello in cui si parte da una tensione alternata (quasi sempre i 220 V
di rete) per arrivare ad una tensione continua di basso valore (ad
esempio 12 V).
Un circuito classico è quello di figura 1, che risulta composto dai
soliti elementi: il trasformatore, il ponte di diodi, il condensatore
di filtro e l'elemento di regolazione. In particolare, l'elemento di
regolazione, che in genere è un circuito integrato di tipo serie,
mantiene costante la tensione in uscita comportandosi come una
resistenza variabile: se la tensione in ingresso è troppo alta, oppure
se il carico richiede poca corrente, il regolatore aumenta la sua
resistenza; se la tensione in ingresso scende, oppure se il carico
richiede più corrente, la resistenza del regolatore diminuisce. La
regolazione della tensione in uscita è ottenuta quindi variando la
caduta di tensione ai capi dell'elemento serie di regolazione; il
sistema funziona perfettamente, ma ci sono casi in cui la dissipazione
di potenza è notevole.
Si pensi ad un alimentatore in grado di fornire 5 A in uscita, con una
tensione regolabile da pochi volt fino a 25 V; se per esempio usiamo
tale alimentatore per far funzionare un apparecchio che assorbe 5 A a
12 V,
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la differenza fra 25 V e 12 V sarà dissipata dall'integrato regolatore
di tensione: facendo due conti, si trova che la potenza dissipata (e
cioè sprecata) vale in tal caso 65W !
In altre parole, è più la potenza sprecata che quella utilizzata dal
nostro apparecchio a 12 V. A parte l'inutile consumo di corrente, un
simile alimentatore richiede un trasformatore notevolmente grosso e
costoso, con relativi ingombro e peso.
Esiste invece un altro modo di ottenere le tensioni desiderate, usando
componenti piccoli e leggeri, di resa elevata, e sprecando pochissima
potenza: stiamo parlando dei cosiddetti "Alimentatori switching".
Il principio fondamentale su cui si basa il funzionamento di un
alimentatore switching è detto PWM, dall'Inglese "Pulse Width
Modulation", e cioè modulazione della larghezza dell'impulso.
Molto brevemente, la tensione di alimentazione arriva nella forma di
una serie di impulsi (figura 2), a frequenza costante, distanziati uno
dall'altro da un tempo T. Chiameremo TON il tempo in cui l'impulso è alto, e cioè c'è tensione, e TOFF
il tempo in cui l'impulso è zero e quindi non c'è tensione. Poichè gli
impulsi sono a frequenza costante, anche l'intervallo di tempo T ha
valore costante: la modulazione PWM consiste nel far variare il tempo TON; naturalmente, quando TON si allunga, TOFF diventa necessariamente più breve.
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Il rapporto fra il tempo TON ed il tempo totale T è una grandezza caratteristica, che viene denominata "duty cycle" (si pronuncia più o meno diuti saicol).
In figura 3 si vedono tre casi in cui il duty cycle ha valori diversi:
- nel caso 1 TON è quasi nullo: il duty cycle è pertanto prossimo a zero, e la tensione è presente solo per brevissimi istanti
- nel caso 2 TON è uguale a TOFF: il duty cycle è pari al 50% e la tensione è presente per metà del tempo
- nel caso 3 TON è quasi massimo: il duty cycle è molto vicino al 100%; la tensione è in pratica sempre presente
Facendo pervenire tali impulsi ad una rete LC, si ottiene una tensione di uscita VOUT
il cui valore dipende dalla larghezza degli impulsi, ed è esattamente
uguale al valore di picco moltiplicato per il duty cycle. In figura 4
sono mostrati tre diversi casi di impulsi modulati, caratterizzati
rispettivamente da un duty cycle di 0,25 - 0,5 e 0,75. Supponendo che
la tensione di picco Vp degli impulsi sia di 48 V, se si filtrano tali
impulsi con una rete come quella a sinistra in figura, costituita da
una induttanza L e da una capacità C, si ottiene in uscita una tensione
uguale a Vp moltiplicato per il valore del duty cycle; nei casi
indicati come esempio, si otterranno quindi tensioni di 12 V, 24 V e 36
V.
Si comprende quindi come, modulando la larghezza dell'impulso, sia
possibile ottenere qualsiasi tensione in uscita, e senza dissipare
inutilmente parte della potenza. Naturalmente, affinchè la tensione in
uscita sia esente da ondulazioni e disturbi, occorrerà dimensionare
opportunamente i componenti del filtro, scegliendo inoltre una
frequenza di clock il più elevata possibile.
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Esistono diversi tipi di soluzioni per realizzare un alimentatore switching; il più comune è il buck regulator, detto anche step-down,
che viene usato per convertire una tensione continua in un'altra
tensione continua di valore più basso. Lo schema di principio di tale
regolatore è riportato nella parte sinistra di figura 5: la tensione
continua da regolare entra su +Vin e -Vin; un transistor che agisce
come switch permette o meno il passaggio della corrente. Attraverso
l'induttanza L la corrente arriva al carico (LOAD) ed al condensatore
che agisce da filtro.
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A destra si vedono le due fasi che corrispondono allo stato oN e allo stato OFF dello switch:
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quando lo switch è chiuso (ON), la corrente attraversa l'induttanza ed
arriva sia al condensatore C, caricandolo, che all'utilizzatore (LOAD);
il diodo D risulta collegato in senso inverso, per cui è come se non ci
fosse
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- quando lo switch è aperto (OFF), poichè la corrente nell'induttanza
non può interrompersi bruscamente, si crea ai capi di quest'ultima una
tensione tale da continuare a mantenere la corrente che era in circolo;
la corrente fluisce allora nel carico, insieme alla corrente che adesso
viene ceduta dal condensatore, e, attraverso il diodo D, ritorna
all'induttanza.
Il comando dello switch è affidato ad un apposito circuito (control)
che verifica la tensione presente sul carico e, di conseguenza,
modifica la durata dei tempi TON e TOFF.
La corrente nell'induttanza (figura 6) ha quindi un andamento
triangolare, con tendenza a salire nelle fasi di switch ON, e tendenza
a scendere nelle fasi di switch OFF; dimensionando opportunamente
l'induttanza, si cerca di contenere questa ondulazione ( o "ripple")
entro il 20% o il 30% della corrente media.
Grazie al metodo PWM, si ottiene inoltre il vantaggio di una maggiore
elasticità nella scelta della tensione in entrata: ciò significa che,
per ottenere ad esempio una tensione di uscita di 12 V, posso usare
anche un trasformatore con secondario a 50 V; provvederà il circuito di
controllo ad effettuare la giusta regolazione degli impulsi, senza
problemi di potenza perduta e di eccessivo riscaldamento dei vari
componenti.
In altre pagine di questo sito vedremo la costruzione pratica di un
alimentatore del tipo descritto. Esistono naturalmente diverse altre
tipologie di alimentatori switching, ma la loro trattazione esula dagli
scopi di questo semplice corso, concepito prevalentemente per chi si
dedica all'elettronica come principiante, alla ricerca di semplici
circuiti dal funzionamento immediato.
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