Coloro che vogliono realizzare un semplice amplificatore, ma
assolutamente non intendono servirsi degli innumerevoli circuiti
integrati disponibili sul mercato, troveranno in questa pagina la
descrizione di un mini-amplificatore, realizzato con soli 3 transistor.
In effetti, quelli che non hanno eccessiva simpatia per i circuiti
integrati, non hanno poi tutti i torti; l'amplificatore qui descritto,
oltre a garantire un buon funzionamento, offre un'occasione unica: pur
trattandosi di un circuito elementare, chi si dedicherà alla sua
costruzione, non perderà il suo tempo, ma avrà l'occasione di conoscere
da vicino e risolvere le problematiche che sono alla base di qualunque
stadio amplificatore di potenza.
Il mini amplificatore, il cui schema di principio è riportato in figura
1, è adatto a ricevere in ingresso un segnale di tipo "line", cioè un
segnale di medio livello e che non richiede equalizzazione; per
esempio, l'uscita di una piastra a cassette audio, di un walkman, di un
lettore di CD, o ancora l'uscita della scheda audio del PC. All'uscita
occorre collegare un buon altoparlante, montato in opportuna cassetta,
della potenza di pochi watt e dell'impedenza di 2 o 4 ohm.
Per l'alimentazione va bene una tensione compresa fra 6 e 9 volt; non
conviene usare tensioni più alte, poichè, per non complicare lo schema,
non sono state previste protezioni in grado di prevenire un eccessivo
assorbimento di corrente, e con esso la distruzione dei transistor.
Come transistor finali (ovvero TR1 e TR2), si può usare una qualsiasi
coppia di transistor complementari (cioè un NPN ed un PNP) di media
potenza; come transistor pilota (TR3), va bene qualsiasi transistor NPN
per piccoli segnali (BC547 e simili).
Come si vede nello schema di figura 1, i due transistor finali sono
montati in serie rispetto alla tensione di alimentazione: la corrente,
proveniente dal polo positivo dell'alimentazione, attraversa TR1,
entrando dal collettore ed uscendo dall'emettitore, quindi attraversa
TR2, entrando dall'emettitore ed uscendo dal collettore; questo è
possibile perchè i due transistor sono di polarità opposta, e quindi
lavorano con tensioni invertite uno rispetto all'altro. Teniamo
presente che, quando il circuito lavora correttamente, la tensione nel
punto centrale fra i due emettitori (punto C),
è esattamente la metà della tensione di alimentazione. Da questo punto
viene derivata, tramite R4, la corrente di base che arriva a TR3.
La giusta polarizzazione dei due finali, ovvero la loro tensione di
base, viene determinata dalla corrente di collettore di TR3, tramite la
resistenza R3: se la corrente è maggiore, la tensione sul collettore di
TR3 scende, e scende quindi la tensione di base dei finali (perchè le
basi sono collegate al collettore di TR3). Come conseguenza, TR1
conduce di meno, mentre TR2 conduce di più; il comportamento dei due
transistor determina quindi un abbassamento della tensione del punto
centrale, dove risulta collegato l'altoparlante. Nel caso opposto,
quando in TR3 passa meno corrente, la tensione del suo collettore sale,
e con essa sale la tensione di base dei finali. Succede allora che TR1
conduce di più, mentre TR2 conduce di meno, per cui la tensione del
punto centrale tende a salire. Questo modo di funzionare a "tira e
molla", come se ciscuno dei due transistor finali tirasse
alternativamente verso di se la tensione del punto centrale, viene
detto in inglese "push-pull", ovvero "spingi e tira".
Naturalmente le variazioni di corrente in TR3 sono causate dal segnale applicato alla sua base (punto INP);
quando la tensione del segnale aumenta, TR3 lascia passare più
corrente; quando la tensione del segnale scende, TR3 lascia passare
meno corrente. Come abbiamo visto, queste variazioni della corrente di
collettore di TR3 fanno variare la tensione del punto centrale C; se noi colleghiamo al punto C un altoparlante, il suo cono si muoverà, riproducendo le variazioni della tensione in ingresso.
Quanto si è detto fino ad ora, è valido in linea di principio, ma prima
di arrivare ad un amplificatore perfettamente funzionante, ci sono
ancora delle caratteristiche da valutare, che vedremo di seguito una ad
una.
1 - LA TENSIONE SUL PUNTO C
Poichè, come si è detto, la tensione del punto C varia in più e in meno
riproducendo, amplificate, le variazioni del segnale, è necessario che,
in assenza di segnale, la tensione di tale punto sia esattamente metà
della tensione di alimentazione. Tale risultato si ottiene regolando la
corrente di collettore di TR3; per tale motivo occorrerà sostituire la
resistenza R4 con una resistenza regolabile, o "trimmer"
2 - LA DISTORSIONE DA CROSS-OVER
Perchè un transistor cominci a entrare nello stato di conduzione,
occorre che la tensione fra base ed emettitore superi un determinato
valore minimo, di circa 0,6 volt. Poichè le basi dei finali TR1 e TR2
sono fra loro collegate, la tensione rispetto ai relativi emettitori,
in assenza di segnale, sarà uguale a zero; succede allora che, quando
il segnale in ingresso comincia a variare, perchè tali variazioni siano
riprodotte fedelmente occorre che la tensione sulle basi dei finali
superi il valore minimo di 0,6 V in più o in meno. In pratica, parte
del segnale viene tagliato (figura 2), dando origine ad una distorsione
che si avverte principalmente a bassi livelli sonori.
Per eliminare tale problema, si fa in modo di applicare sulla base di
ciascuno dei transistor finali una tensione minima, tale da portarlo
già in stato di inizio conduzione. Ciò si può ottenere in vari modi;
nel nostro caso, tra le basi sono stati inseriti due diodi, che vengono
attraversati direttamente dalla corrente di collettore di TR3: poichè
quando un diodo è percorso da corrente ai suoi capi è presente una
caduta di tensione di circa 0,6 volt, i due diodi in serie manterranno
fra le basi dei finali una differenza di potenziale di circa 1,4 volt,
portandoli al giusto punto di conduzione. In tal modo, tuttavia, si
determina l'afflusso di una corrente detta "di riposo", che fluisce
costantemente nei due finali, indipendentemente dalla presenza del
segnale; se tale corrente risulta eccessiva, o se non si sono prese
precauzioni opportune, i transistor finali possono andare incontro a
quella che viene definita "deriva termica".
3 - LA DERIVA TERMICA
Il fenomeno della deriva termica ricorda un pò il gatto che si morde la
coda. La corrente di riposo che fluisce costantemente nei transistor,
ne causa un certo riscaldamento; i transistor, a loro volta, più si
riscaldano e più tendono a far passare corrente. La corrente più forte
provoca un maggior riscaldamento, e così via, fino alla distruzione dei
transistor. Per contrastare questo fenomeno, si inseriscono in circuito
componenti che, all'aumentare della temperatura, determinano la
riduzione della corrente di base. Nel nostro caso, per non complicare
il circuito, sono state inserite sugli emettitori di TR1 e TR2 due
resistenze da 1 ohm; la loro presenza produce un moderato effetto di
"controreazione": se la corrente aumenta, sale la tensione ai capi di
dette resistenze e, di conseguenza, diminuisce la Vbe (differenza
ditensione tra base ed emettitore).
Nella figura 3 vediamo lo schema finale, funzionante,
dell'amplificatore. Il segnale viene applicato in ingresso, alla base
di TR3, tramite il condensatore di accoppiamento C2; non è possibile
collegare il segnale direttamente alla base, perchè il valore resistivo
della sorgente del segnale stesso modificherebbe la polarizzazione di
TR3. Supponendo di collegare il segnale usando un cavetto schermato, al
condensatore va collegato il filo interno, mentre quello esterno (la
calza) va collegato alla massa, ovvero al polo "meno"
dell'alimentazione.
L'altoparlante va collegato al punto centrale, tramite il condensatore
C1; l'altro polo dell'altoparlante va collegato alla massa (polo
negativo). Nel collegare i due condensatori, essendo questi due
condensatori elettrolitici, occorre fare attenzione alla polarità (la
posizione del polo positivo è indicata nello schema dal segno + ).
ELENCO DEI COMPONENTI:
TR1/TR2: qualsiasi coppia di transistor complementari di media
potenza (NPN/PNP): BC142/BC143 - BC441/BC461 - BCP54/BCP51 -
BCX54/BCX51 - BD135/BD136 - TIP29/TIP30 - ZTX651/ZTX751 o equivalenti
(scegliete quelli che trovate al miglior prezzo)
TR3: transistor NPN per piccoli segnali, tipo BC547 o equivalenti
R1 ed R2: due resistenze da 1 ohm, 1/2 watt
R3: resistenza da 1 Kohm, 1/4 watt
R4: resistenza variabile (trimmer) da 100 Kohm
R5: resistenza da 22 Kohm, 1/4 watt
D1 e D2: due diodi tipo 1N4001 o simili
C1: condensatore elettrolitico da circa 1000 µF, 25 Volt (*)
C2: condensatore elettrolitico da circa 10 µF, 25 Volt (*)
(*) Il valore dei condensatori C1 e C2 non è critico; tuttavia, più la
capacità è elevata, meglio passano le frequenze basse del segnale.
MESSA A PUNTO DELL'AMPLIFICATORE:
Prima di dare tensione, portare la resistenza R4 su una posizione
centrale. Dare alimentazione (non più di 9 volt); usando un buon tester
digitale, leggere la tensione sul punto centrale C, e regolare R4 fino
ad ottenere un valore esattamente metà della tensione di alimentazione.
Esempio:
alimentando l'amplificatore a 6 volt, si regolerà R4 fino a leggere sul punto C una tensione di 3 volt.
Durante il funzionamento dell'amplificatore, provate a toccare i
transistor finali; se sentite che sono troppo caldi, quasi da non
poterci tenere il dito, occorre applicare su di essi un apposito
dissipatore di calore (basta anche un'aletta di rame o di alluminio).
Per ottenere un ascolto soddisfacente, occorre che l'altoparlante sia
di buona qualità, e che sia montato in una adatta cassetta acustica.
L'amplificatore qui descritto non è provvisto di controllo di volume,
perchè si presume che il segnale venga regolato dall'apparecchio che vi
viene collegato; in genere un riproduttore di cassette o di CD, o un
PC, sono già dotati di controllo di volume. In ogni caso, volendo
aggiungerne uno, è sufficiente collegare in ingresso un potenziometro,
che può essere sia ad albero rotante, sia a slitta (a scorrimento
lineare); occorre usare un potenziometro da 47 kohm, di tipo
logaritmico, collegato come si vede in figura 7.
Più che altro per completezza di informazione (come mi ha cortesemente
suggerito un visitatore del sito da Lyon), notiamo che è possibile
eliminare il condensatore di uscita C1, ricorrendo ad una alimentazione
di tipo "duale"; si tratta, in altre parole, di fornire
all'amplificatore due tensioni distinte, ciascuna uguale a metà di
quella totale.
La cosa può essere realizzata facilmente collegando due pile come si
vede nello schema di figura 8, oppure utilizzando un apposito
alimentatore dotato di tre uscite: +4,5 V ; zero ; -4,5 V
In questo modo, in assenza di segnale, l'altoparlante risulta collegato
da entrambi i terminali ad una tensione pari a metà di quella di
alimentazione, e quindi non viene attraversato da corrente continua
anche in assenza del condensatore di uscita.
Spero di poter trattare, tra non molto tempo, la costruzione di un
amplificatore in grado di fornire prestazioni di più alto livello, di
maggiore potenza e fedeltà di riproduzione.
assolutamente non intendono servirsi degli innumerevoli circuiti
integrati disponibili sul mercato, troveranno in questa pagina la
descrizione di un mini-amplificatore, realizzato con soli 3 transistor.
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In effetti, quelli che non hanno eccessiva simpatia per i circuiti
integrati, non hanno poi tutti i torti; l'amplificatore qui descritto,
oltre a garantire un buon funzionamento, offre un'occasione unica: pur
trattandosi di un circuito elementare, chi si dedicherà alla sua
costruzione, non perderà il suo tempo, ma avrà l'occasione di conoscere
da vicino e risolvere le problematiche che sono alla base di qualunque
stadio amplificatore di potenza.
Il mini amplificatore, il cui schema di principio è riportato in figura
1, è adatto a ricevere in ingresso un segnale di tipo "line", cioè un
segnale di medio livello e che non richiede equalizzazione; per
esempio, l'uscita di una piastra a cassette audio, di un walkman, di un
lettore di CD, o ancora l'uscita della scheda audio del PC. All'uscita
occorre collegare un buon altoparlante, montato in opportuna cassetta,
della potenza di pochi watt e dell'impedenza di 2 o 4 ohm.
Per l'alimentazione va bene una tensione compresa fra 6 e 9 volt; non
conviene usare tensioni più alte, poichè, per non complicare lo schema,
non sono state previste protezioni in grado di prevenire un eccessivo
assorbimento di corrente, e con esso la distruzione dei transistor.
Come transistor finali (ovvero TR1 e TR2), si può usare una qualsiasi
coppia di transistor complementari (cioè un NPN ed un PNP) di media
potenza; come transistor pilota (TR3), va bene qualsiasi transistor NPN
per piccoli segnali (BC547 e simili).
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Come si vede nello schema di figura 1, i due transistor finali sono
montati in serie rispetto alla tensione di alimentazione: la corrente,
proveniente dal polo positivo dell'alimentazione, attraversa TR1,
entrando dal collettore ed uscendo dall'emettitore, quindi attraversa
TR2, entrando dall'emettitore ed uscendo dal collettore; questo è
possibile perchè i due transistor sono di polarità opposta, e quindi
lavorano con tensioni invertite uno rispetto all'altro. Teniamo
presente che, quando il circuito lavora correttamente, la tensione nel
punto centrale fra i due emettitori (punto C),
è esattamente la metà della tensione di alimentazione. Da questo punto
viene derivata, tramite R4, la corrente di base che arriva a TR3.
La giusta polarizzazione dei due finali, ovvero la loro tensione di
base, viene determinata dalla corrente di collettore di TR3, tramite la
resistenza R3: se la corrente è maggiore, la tensione sul collettore di
TR3 scende, e scende quindi la tensione di base dei finali (perchè le
basi sono collegate al collettore di TR3). Come conseguenza, TR1
conduce di meno, mentre TR2 conduce di più; il comportamento dei due
transistor determina quindi un abbassamento della tensione del punto
centrale, dove risulta collegato l'altoparlante. Nel caso opposto,
quando in TR3 passa meno corrente, la tensione del suo collettore sale,
e con essa sale la tensione di base dei finali. Succede allora che TR1
conduce di più, mentre TR2 conduce di meno, per cui la tensione del
punto centrale tende a salire. Questo modo di funzionare a "tira e
molla", come se ciscuno dei due transistor finali tirasse
alternativamente verso di se la tensione del punto centrale, viene
detto in inglese "push-pull", ovvero "spingi e tira".
Naturalmente le variazioni di corrente in TR3 sono causate dal segnale applicato alla sua base (punto INP);
quando la tensione del segnale aumenta, TR3 lascia passare più
corrente; quando la tensione del segnale scende, TR3 lascia passare
meno corrente. Come abbiamo visto, queste variazioni della corrente di
collettore di TR3 fanno variare la tensione del punto centrale C; se noi colleghiamo al punto C un altoparlante, il suo cono si muoverà, riproducendo le variazioni della tensione in ingresso.
Quanto si è detto fino ad ora, è valido in linea di principio, ma prima
di arrivare ad un amplificatore perfettamente funzionante, ci sono
ancora delle caratteristiche da valutare, che vedremo di seguito una ad
una.
1 - LA TENSIONE SUL PUNTO C
Poichè, come si è detto, la tensione del punto C varia in più e in meno
riproducendo, amplificate, le variazioni del segnale, è necessario che,
in assenza di segnale, la tensione di tale punto sia esattamente metà
della tensione di alimentazione. Tale risultato si ottiene regolando la
corrente di collettore di TR3; per tale motivo occorrerà sostituire la
resistenza R4 con una resistenza regolabile, o "trimmer"
2 - LA DISTORSIONE DA CROSS-OVER
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Perchè un transistor cominci a entrare nello stato di conduzione,
occorre che la tensione fra base ed emettitore superi un determinato
valore minimo, di circa 0,6 volt. Poichè le basi dei finali TR1 e TR2
sono fra loro collegate, la tensione rispetto ai relativi emettitori,
in assenza di segnale, sarà uguale a zero; succede allora che, quando
il segnale in ingresso comincia a variare, perchè tali variazioni siano
riprodotte fedelmente occorre che la tensione sulle basi dei finali
superi il valore minimo di 0,6 V in più o in meno. In pratica, parte
del segnale viene tagliato (figura 2), dando origine ad una distorsione
che si avverte principalmente a bassi livelli sonori.
Per eliminare tale problema, si fa in modo di applicare sulla base di
ciascuno dei transistor finali una tensione minima, tale da portarlo
già in stato di inizio conduzione. Ciò si può ottenere in vari modi;
nel nostro caso, tra le basi sono stati inseriti due diodi, che vengono
attraversati direttamente dalla corrente di collettore di TR3: poichè
quando un diodo è percorso da corrente ai suoi capi è presente una
caduta di tensione di circa 0,6 volt, i due diodi in serie manterranno
fra le basi dei finali una differenza di potenziale di circa 1,4 volt,
portandoli al giusto punto di conduzione. In tal modo, tuttavia, si
determina l'afflusso di una corrente detta "di riposo", che fluisce
costantemente nei due finali, indipendentemente dalla presenza del
segnale; se tale corrente risulta eccessiva, o se non si sono prese
precauzioni opportune, i transistor finali possono andare incontro a
quella che viene definita "deriva termica".
3 - LA DERIVA TERMICA
Il fenomeno della deriva termica ricorda un pò il gatto che si morde la
coda. La corrente di riposo che fluisce costantemente nei transistor,
ne causa un certo riscaldamento; i transistor, a loro volta, più si
riscaldano e più tendono a far passare corrente. La corrente più forte
provoca un maggior riscaldamento, e così via, fino alla distruzione dei
transistor. Per contrastare questo fenomeno, si inseriscono in circuito
componenti che, all'aumentare della temperatura, determinano la
riduzione della corrente di base. Nel nostro caso, per non complicare
il circuito, sono state inserite sugli emettitori di TR1 e TR2 due
resistenze da 1 ohm; la loro presenza produce un moderato effetto di
"controreazione": se la corrente aumenta, sale la tensione ai capi di
dette resistenze e, di conseguenza, diminuisce la Vbe (differenza
ditensione tra base ed emettitore).
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Nella figura 3 vediamo lo schema finale, funzionante,
dell'amplificatore. Il segnale viene applicato in ingresso, alla base
di TR3, tramite il condensatore di accoppiamento C2; non è possibile
collegare il segnale direttamente alla base, perchè il valore resistivo
della sorgente del segnale stesso modificherebbe la polarizzazione di
TR3. Supponendo di collegare il segnale usando un cavetto schermato, al
condensatore va collegato il filo interno, mentre quello esterno (la
calza) va collegato alla massa, ovvero al polo "meno"
dell'alimentazione.
L'altoparlante va collegato al punto centrale, tramite il condensatore
C1; l'altro polo dell'altoparlante va collegato alla massa (polo
negativo). Nel collegare i due condensatori, essendo questi due
condensatori elettrolitici, occorre fare attenzione alla polarità (la
posizione del polo positivo è indicata nello schema dal segno + ).
ELENCO DEI COMPONENTI:
TR1/TR2: qualsiasi coppia di transistor complementari di media
potenza (NPN/PNP): BC142/BC143 - BC441/BC461 - BCP54/BCP51 -
BCX54/BCX51 - BD135/BD136 - TIP29/TIP30 - ZTX651/ZTX751 o equivalenti
(scegliete quelli che trovate al miglior prezzo)
TR3: transistor NPN per piccoli segnali, tipo BC547 o equivalenti
R1 ed R2: due resistenze da 1 ohm, 1/2 watt
R3: resistenza da 1 Kohm, 1/4 watt
R4: resistenza variabile (trimmer) da 100 Kohm
R5: resistenza da 22 Kohm, 1/4 watt
D1 e D2: due diodi tipo 1N4001 o simili
C1: condensatore elettrolitico da circa 1000 µF, 25 Volt (*)
C2: condensatore elettrolitico da circa 10 µF, 25 Volt (*)
(*) Il valore dei condensatori C1 e C2 non è critico; tuttavia, più la
capacità è elevata, meglio passano le frequenze basse del segnale.
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MESSA A PUNTO DELL'AMPLIFICATORE:
Prima di dare tensione, portare la resistenza R4 su una posizione
centrale. Dare alimentazione (non più di 9 volt); usando un buon tester
digitale, leggere la tensione sul punto centrale C, e regolare R4 fino
ad ottenere un valore esattamente metà della tensione di alimentazione.
Esempio:
alimentando l'amplificatore a 6 volt, si regolerà R4 fino a leggere sul punto C una tensione di 3 volt.
Durante il funzionamento dell'amplificatore, provate a toccare i
transistor finali; se sentite che sono troppo caldi, quasi da non
poterci tenere il dito, occorre applicare su di essi un apposito
dissipatore di calore (basta anche un'aletta di rame o di alluminio).
Per ottenere un ascolto soddisfacente, occorre che l'altoparlante sia
di buona qualità, e che sia montato in una adatta cassetta acustica.
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L'amplificatore qui descritto non è provvisto di controllo di volume,
perchè si presume che il segnale venga regolato dall'apparecchio che vi
viene collegato; in genere un riproduttore di cassette o di CD, o un
PC, sono già dotati di controllo di volume. In ogni caso, volendo
aggiungerne uno, è sufficiente collegare in ingresso un potenziometro,
che può essere sia ad albero rotante, sia a slitta (a scorrimento
lineare); occorre usare un potenziometro da 47 kohm, di tipo
logaritmico, collegato come si vede in figura 7.
|
Più che altro per completezza di informazione (come mi ha cortesemente
suggerito un visitatore del sito da Lyon), notiamo che è possibile
eliminare il condensatore di uscita C1, ricorrendo ad una alimentazione
di tipo "duale"; si tratta, in altre parole, di fornire
all'amplificatore due tensioni distinte, ciascuna uguale a metà di
quella totale.
La cosa può essere realizzata facilmente collegando due pile come si
vede nello schema di figura 8, oppure utilizzando un apposito
alimentatore dotato di tre uscite: +4,5 V ; zero ; -4,5 V
In questo modo, in assenza di segnale, l'altoparlante risulta collegato
da entrambi i terminali ad una tensione pari a metà di quella di
alimentazione, e quindi non viene attraversato da corrente continua
anche in assenza del condensatore di uscita.
Spero di poter trattare, tra non molto tempo, la costruzione di un
amplificatore in grado di fornire prestazioni di più alto livello, di
maggiore potenza e fedeltà di riproduzione.
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