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      Messaggio Da TOMMY's Lun Ago 18, 2008 5:40 pm

      L'amplificatore operazionale come circuito integrato è uno dei circuiti
      lineari maggiormente usati. Grazie alla produzione in larghissima
      scala, il suo prezzo è sceso a livelli talmente bassi da renderne
      conveniente l'uso in quasi tutte le possibili aree applicative.
      L'amplificatore operazionale è un amplificatore in continua: ciò
      significa che esiste una continuità elettrica fra ingresso e uscita; il
      nome di "operazionale" è dovuto all'uso per cui era nato tale
      amplificatore, e cioè il funzionamento all'interno di elaboratori
      analogici per l'esecuzione di operazioni matematiche.
      Nella sua forma più semplice (figura 1), un amplificatore operazionale
      è composto essenzialmente da uno stadio d'ingresso, da un secondo
      stadio amplificatore differenziale e da uno stadio di uscita in classe
      AB, del tipo "emitter follower".


      GLI AMPLIFICATORI OPERAZIONALI Opam01
      figura 1 - schema di base di un amplificatore operazionale

      Un amplificatore operazionale ideale dovrebbe avere, in particolare,
      amplificazione e resistenza d'ingresso elevatissime (praticamente
      infinite) e resistenza di uscita bassissima (uguale a zero); gli
      amplificatori operazionali reali si avvicinano in parte a tali
      caratteristiche, per cui hanno una resistenza d'ingresso molto grande,
      una resistenza di uscita molto piccola ed una amplificazione, ovvero un
      guadagno in tensione, moto alto ma pur sempre limitato. A titolo di
      esempio, uno dei più usati, il µA741, ha un guadagno di 200000, una
      resistenza d'ingresso di 2 Mohm ed una resistenza di uscita di 75 ohm.
      La corrente che un amplificatore operazionale può fornire in uscita in
      genere non supera i 25 mA.
      Senza approfondirne ulteriormente il funzionamento, passiamo adesso a
      considerare l'aspetto esterno di un amplificatore operazionale, vale a
      dire la forma in cui esso si presenta pronto all'uso. Uno degli
      amplificatori operazionali più conosciuti, come già detto, è il 741,
      disponibile abitualmente in contenitore metallico tondo oppure in
      contenitore plastico DIL; la sua sigla cambia a seconda dei
      costruttori, diventando LM741, oppure µA741, o altro ancora.


      GLI AMPLIFICATORI OPERAZIONALI Opam02
      figura 2 - l'amplificatore LM741 nelle vesioni in contenitore metallico tondo ed in contenitore plastico Dual In Line


      Per l'identificazione dei vari piedini si fa riferimento agli
      schemi della figura 2, dove i piedini sono raffigurati visti da sopra;
      nel caso del tipo tondo, il numero 8 corrisponde alla tacca presente
      sull'involucro metallico.
      Per tener fede all'indirizzo soprattutto
      pratico di questo corso, non ci dilungheremo sulle equazioni
      caratteristiche e sulle problematiche progettuali degli amplificatori
      operazionali, ma li tratteremo come un'unità funzionale, dotata di
      ingressi e uscite, con determinate caratteristiche.


      GLI AMPLIFICATORI OPERAZIONALI Opam03
      figura 3 - circuito test

      In figura 3 vediamo il nostro amplificatore operazionale, per esempio
      un LM741, inserito in un circuito che consente di sperimentarne il
      funzionamento. Osserviamo che l'operazionale ha due ingressi,
      contrassegnati con un "-" (piedino 2) e con un "+" (piedino 3); ci sono
      poi un'uscita, indicata con OUT (piedino 6), e due terminali per
      l'alimentazione dell'integrato (piedini 7 e 4). Perchè gli ingressi
      sono due? Perchè l'almplificatore operazionale è prima di tutto un
      amplificatore "differenziale"; ciò vuol dire che il segnale presente in
      uscita non dipende solo da uno o dall'altro degli ingressi, ma da tutti
      e due, ed esattamente dalla differenza che esiste fra il segnale
      applicato su un ingresso ed il segnale applicato sull'altro. E' proprio
      qui che si evidenzia la principale caratteristica di un simile
      circuito: è sufficiente che fra i due ingressi vi sia una differenza di
      tensione anche di pochi µV, perchè l'uscita cambi completamente il suo
      stato, passando per esempio da zero al massimo valore della tensione di
      alimentazione.
      Supponiamo di alimentare il circuito con 10 V, e che le due resistenze
      R1 ed R2 abbiano lo stesso valore: la tensione di alimentazione sarà
      allora presente per metà ai capi di R1 e per metà ai capi di R2; in
      altre parole, al centro, e quindi sul piedino 3 dell'integrato, ci
      saranno esattamente 5 V. Il piedino 2 è collegato invece ad RV1, che è
      una resistenza variabile: possiamo quindi far variare a piacere la
      tensione che risulta applicata sul piedino 2 dell'amplificatore
      operazionale.



      GLI AMPLIFICATORI OPERAZIONALI Opam04GLI AMPLIFICATORI OPERAZIONALI Opam05
      figura 4figura 5


      Spostiamo il cursore di RV1 in modo da portarlo verso il positivo
      (figura 4), applicando così al piedino 2 una tensione senz'altro
      superiore a 5V, e quindi leggiamo, con un tester, la tensione presente
      in uscita: troveremo un valore molto vicino allo zero.
      Spostiamo
      adesso il cursore di RV1 in modo da portarlo in basso (figura 5), verso
      la tensione zero, applicando così al piedino 2 una tensione senz'altro
      inferiore a 5V, e quindi leggiamo la tensione in uscita: troveremo un
      valore molto vicino alla tensione di alimentazione (che è 10 V).
      Quello che abbiamo appena constatato ci permette di formulare la regola
      basilare del funzionamento del nostro amplificatore operazionale:
      quando la tensione sul piedino "-" è maggiore della tensione sul
      piedino "+" l'uscita è a livello basso (cioè prossimo a zero); quando
      la tensione sul piedino "-" è minore della tensione sul piedino "+"
      l'uscita è a livello alto (cioè prossimo alla tensione di
      alimentazione).
      Ma, come già si è detto, non occorre che la tensione sul piedino 2 vari
      di alcuni volt: sono sufficienti pochi milionesimi di volt per
      provocare la "commutazione" dell'uscita. Se vi divertite ad osservare
      la tensione indicata dal tester mentre ruotate RV1, vedrete che ad un
      certo istante, di colpo, la tensione in uscita passa da zero al
      massimo, o viceversa; potete tornare indietro, spostare il cursore di
      RV1 quanto volete, ma non riuscirete mai a trovare una posizione tale
      che permetta di avere in uscita un valore intermedio, vicino alla metà
      della tensione di alimentazione.
      Poichè, come si è visto, quando l'ingresso "-" è a tensione più alta,
      l'uscita è a livello basso, si dice che tale ingresso è "invertente".
      Se invece avessimo collegato a tensione fissa il piedino 2, variando la
      tensione del piedino 3, avremmo riscontrato le stesse variazioni della
      tensione di uscita, ma con verso corrispondente alla tensione applicata
      sull'ingresso "+"; per tale motivo, l'ingresso "+" viene chiamato
      "ingresso non invertente".

      Usato come amplificatore, l'operazionale presenta la caratteristica di
      amplificare qualsiasi segnale applicato in ingresso: sia un normale
      segnale variabile, caratterizzato da determinate frequenze, sia una
      tensione con fluttuazioni lentissime o, addirittura, di valore
      costante. Parlando in termini di frequenza, si dice quindi che
      l'amplificatore operazionale lavora con frequenze da zero (corrente
      continua) fino ad un valore massimo, determinato dalle caratteristiche
      specifiche dell'amplificatore stesso. A questo proposito, è opportuno
      accennare brevemente ad un parametro caratteristico degli amplificatori
      operazionali: si tratta del prodotto
      guadagno x larghezza di banda,
      che per ogni amplificatore operazionale ha un preciso valore, fisso ed
      immutabile. Tale parametro ci dice, in pratica, che se noi utilizziamo
      l'amplificatore in modo da ottenere una maggior amplificazione,
      perdiamo proporzionalmente in larghezza di banda, e cioè possiamo
      amplificare segnali in un campo di frequenze più limitato. Il µA741,
      per esempio, ha una larghezza di banda di 1Mhz quando il guadagno è
      uguale a 1; se viene usato in modo da amplificare 100 volte, la
      larghezza di banda si riduce di 100 volte, e passa quindi a 10Khz. Il
      guadagno più alto è utilizzabile quando l'amplificatore lavora con
      frequenze bassissime o con tensioni continue: in tali casi il guadagno
      può essere uguale o superiore a 100.000.
      Ma come si determina l'amplificazione di un operazionale?
      L'amplificatore operazionale, come amplificatore in continua, può
      essere utilizzato in diverse configurazioni, di cui adesso vedremo le
      più comuni.



      GLI AMPLIFICATORI OPERAZIONALI Opam06
      figura 6 - amplificatore invertente
      Amplificatore invertente:
      Av = R2 / R1 (ciò significa che se R2 è di valore più basso, si ha più controreazione e quindi il guadagno è minore).
      Vediamo un esempio pratico:
      R1 = 100 Kohm (cioè 100.000 ohm)
      R2 = 1 Mohm (cioè 1.000.000 di ohm)
      Vi= 1mV
      L'amplificazione Vu/Vi sarà: Av=1.000.000:100.000=10
      Poichè l'amplificazione è 10, con 1 mV in entrata avremo in uscita 10 mV
      Osserviamo che il segnale in uscita è invertito, ovvero è di segno
      opposto a quello in entrata; se Vi aumenta, Vu diminuisce, e viceversa.
      lo schema è quello di figura
      6. La tensione Vi viene applicata all'ingresso invertente attraverso la
      resistenza R1; Vu è la tensione amplificata che si ritrova in uscita.
      La resistenza R2 riporta all'entrata parte del segnale in uscita,
      realizzando in tal modo quella che viene detta "controreazione"; senza
      R2, l'operazionale non potrebbe funzionare come amplificatore lineare,
      poichè la sua uscita commuterebbe con estrema rapidità fra un valore
      minimo (prossimo a zero) ed un valore massimo (prossimo alla tensione
      di alimentazione). L'amplificazione del circuito di figura 6 dipende
      dalle due resistenze R1 ed R2, secondo la formula


      Amplificatore non invertente: nello schema di figura 7 vediamo
      che il segnale d'ingresso viene applicato all'ingresso contrassegnato
      col "+", ovvero a quello non invertente. In questo caso, infatti, il
      segnale in uscita ha lo stesso segno di quello in entrata.
      In questo caso, l'amplificazione è data dalla formula:
      Av = (R1 + R2) / R1
      Anche per l'amplificatore non invertente, come si vede dallo schema, la
      resistenza R2 determina una certa quantità di reazione negativa (o
      controreazione), che diminuisce il guadagno dell'amplificatore ma gli
      consente di lavorare linearmente.
      GLI AMPLIFICATORI OPERAZIONALI Opam07
      figura 7 - amplificatore non invertente


      GLI AMPLIFICATORI OPERAZIONALI Opam08
      figura 8 - buffer a guadagno unitario
      Buffer a guadagno unitario: il circuito di figura 8 mostra
      l'utilizzo dell'operazionale come "buffer".
      Col termine "buffer" si intende un circuito che svolge una funzione di
      separazione o di adattamento; nel caso specifico, il circuito presenta
      la più alta impedenza d'ingresso ottenibile con gli amplificatori
      operazionali. Per ottenere tale risultato, si applica il massimo valore
      possibile di controreazione, collegando direttamente l'uscita con
      l'ingresso invertente. Per tale motivo, il guadagno di questo circuito
      è uguale a 1, il che vuol dire che il circuito non amplifica (essendo
      il segnale di uscita uguale a quello di entrata); in altre parole, non
      si ottiene un guadagno di tensione, ma un guadagno di impedenza.

        La data/ora di oggi è Ven Apr 19, 2024 12:31 pm