Comandare con la luce
Il circuito che analizzeremo questa volta costituisce un automatismo,
sia pure nella sua forma più semplice, in grado di comandare un evento
in funzione della luce ambiente. Tanto per fare qualche esempio, è
possibile ottenere che una o più lampade si accendano quando la luce
naturale si abbassa al di sotto di un certo livello, oppure azionare un
segnale acustico, un motore o qualsiasi altro dispositivo elettrico,
funzionante a qualsiasi tensione e qualunque sia la potenza da esso
assorbita.
Le fotoresistenze
L'elemento che rileva la luminosità è in questo caso una fotoresistenza:
si
tratta di una resistenza particolare, il cui valore cambia
sensibilmente in funzione della luce che la investe. A seconda del
tipo, una fotoresistenza può misurare ad esempio circa 1 megaohm al
buio e solo poche decine di kilo-ohm in piena luce. Il modo di
impiegare una fotoresistenza è semplice: come si vede nello schema a
destra, la fotoresistenza, indicata con FTR, fa parte del circuito di
base del transistor; finchè c'è luce sufficiente, il valore di FTR
rimane basso, per cui la corrente proveniente dal polo positivo
attraverso R1 ed RV passa nella fotoresistenza e ritorna a massa, senza
interessare il transistor. Quando la luce diminuisce, il valore della
fotoresistenza aumenta, fino al momento in cui la corrente poveniente
da RV, trovando una via di minor resistenza, comincia a entrare nella
base del transistor. Il transistor passa così in conduzione, cioè, come
abbiamo visto nella lezione precedente, lascia passare corrente nel suo
circuito di collettore. La bobina del relè viene quindi attraversata
dalla corrente di collettore del transistor, ed il relè scatta, cioè
chiude il contatto C.
Quando la luce ambiente aumenta, la corrente di base ricomincia a
passare nella FTR, la cui resistenza è tornata bassa; il transistor non
conduce più ed il relè si diseccita, riaprendo il contatto C.
ANALIZZIAMO IN DETTAGLIO I SINGOLI COMPONENTI DEL CIRCUITO
La resistenza RV che si trova nel circuito di base del transistor, è
una resistenza variabile, detta anche trimmer. Nella pratica può avere
l'aspetto di uno dei tipi che si vedono nella figura a sinistra; si
tratta comunque di una resistenza il cui valore può essere regolato tra
zero e il massimo (che è il valore indicato sulla resistenza stessa)
facendo ruotare con un cacciavite un contatto strisciante che scorre su
una superficie di materiale ad alta resistività. La resistenza
variabile è stata inserita per poter regolare con precisione il punto
d'intervento, ovvero determinare con che luminosità il relè si chiude e
mette in funzione ciò che vi è collegato. Supponiamo che il vostro
circuito si ecciti, cioè il relè si chiuda ed accenda le lampade,
quando c'è ancora abbastanza luce; se volete che il circuito intervenga
quando è più buio, ruotate la RV così da aumentarne il valore: in
questo modo, affinchè la corrente che entra sulla base del transistor
riesca a portarlo in conduzione, occorrerà che la FTR abbia un valore
più alto, e cioè che sia più buio.
La
resistenza R1 serve per proteggere il transistor nel caso che si regoli
la RV su valori troppo bassi: se non ci fosse R1, potrebbe entrare
nella base del transistor una corrente troppo alta e distruggerlo.
Il vantaggio del relè è che i due circuiti, cioè quello di comando e
quello di utilizzazione, sono completamente separati, e possono quindi
funzionare con tensioni diverse. L'importante è che il circuito di
comando invii alla bobina la giusta corrente, e che il circuito di
utilizzazione faccia uso di contatti in grado di sopportare la corrente
richiesta dal carico collegato. Questo significa che se col relè voglio
accendere e spegnere una lampadina da 100 watt a 220 volt, saranno
sufficienti contatti per 1 ampere; se invece voglio comandare,
supponiamo, una serie di 10 faretti, ciascuno con lampada da 500 watt,
avrò bisogno di un relè ben più robusto, con contatti adeguati ad una
corrente di circa 30 ampere. In effetti sarebbe possibile fare a meno
di un relè, e comandare altri utilizzatori, come lampade, allarmi, ecc,
usando soltanto componenti elettronici; l'uso del relè è tuttavia più
semplice e permette la massima libertà di utilizzo, senza vincoli di
carico o di tensioni.
Nell'
immagine a fianco è evidenziato il modo di utilizzare questo circuito,
ovvero come deve essere collegato un utilizzatore esterno perchè venga
comandato dal relè. Nell'esempio si vede una normale lampadina di
quelle che usiamo nelle nostre case collegandole alla rete a 220 V.
Partendo dalla spina, un filo arriva direttamente alla lampada, mentre
l'altro passa attraverso i contatti del relè, che è quindi in grado di
accendere e spegnere la lampadina. I due terminali sono indicati con na, perchè si tratta di un contatto normalmente aperto, cioè di un contatto che si chiude solo quando il relè si eccita.
La funzione del diodo D
Tutte le volte che ci troviamo ad avere a che fare con avvolgimenti di filo intorno a nuclei metallici, possiamo parlare di carichi induttivi.
Senza scendere troppo nei dettagli, diciamo che ci sono importanti
differenze tra gli effetti di un carico induttivo e quelli di una
normale resistenza inseriti in circuito. Se noi applichiamo tensione ai
capi di una resistenza, questa viene subito percorsa da corrente;
quando stacchiamo tensione, la corrente cessa. Se invece applichiamo
tensione a un carico induttivo, come la bobina di eccitazione del relè
(o elettrocalamita), la corrente non circola immediatamente, ma dopo un
certo intervallo di tempo. Successivamente, nel momento in cui tentiamo
di staccare la tensione, la corrente tende a circolare ancora per
qualche istante, per cui si creano extra correnti di apertura e
tensioni di segno inverso. I transistori possono essere danneggiati da
tensioni troppo elevate o di segno contrario a quello richiesto dalla
loro polarità, e quindi occorre proteggerli dagli effetti pericolosi
dei carichi induttivi. A questo provvede il diodo D, che risulta
collegato in parallelo alla bobina del relè, col polo positivo rivolto
verso il positivo della alimentazione.
Normalmente nel diodo D non passa alcuna corrente, poichè esso è
collegato in senso contrario rispetto all'alimentazione del circuito;
quando però ai capi della bobina del relè tende a formarsi una tensione
inversa, il diodo passa subito in conduzione e praticamente annulla la
tensione pericolosa.
I componenti per questo circuito:
- Un relè la cui bobina
funzioni a 9 volt in corrente continua, e che sia dotato di almeno un
contatto normalmente aperto; i contatti dovranno essere adeguati alla
potenza dell'utilizzatore che volete collegarvi
- FTR: fotoresistenza avente un valore di circa 1 Mohm al buio e di qualche Kohm alla luce
- RV: trimmer (resistenza variabile) da circa 47 Kohm
- R1: resistenza da 2,2 Kohm
- Un transistor NPN tipo BC108 o equivalenti
- D: diodo tipo 1N4001 o equivalenti
Il circuito che analizzeremo questa volta costituisce un automatismo,
sia pure nella sua forma più semplice, in grado di comandare un evento
in funzione della luce ambiente. Tanto per fare qualche esempio, è
possibile ottenere che una o più lampade si accendano quando la luce
naturale si abbassa al di sotto di un certo livello, oppure azionare un
segnale acustico, un motore o qualsiasi altro dispositivo elettrico,
funzionante a qualsiasi tensione e qualunque sia la potenza da esso
assorbita.
Le fotoresistenze
L'elemento che rileva la luminosità è in questo caso una fotoresistenza:
una fotoresistenza |
tratta di una resistenza particolare, il cui valore cambia
sensibilmente in funzione della luce che la investe. A seconda del
tipo, una fotoresistenza può misurare ad esempio circa 1 megaohm al
buio e solo poche decine di kilo-ohm in piena luce. Il modo di
impiegare una fotoresistenza è semplice: come si vede nello schema a
destra, la fotoresistenza, indicata con FTR, fa parte del circuito di
base del transistor; finchè c'è luce sufficiente, il valore di FTR
rimane basso, per cui la corrente proveniente dal polo positivo
attraverso R1 ed RV passa nella fotoresistenza e ritorna a massa, senza
interessare il transistor. Quando la luce diminuisce, il valore della
fotoresistenza aumenta, fino al momento in cui la corrente poveniente
da RV, trovando una via di minor resistenza, comincia a entrare nella
base del transistor. Il transistor passa così in conduzione, cioè, come
abbiamo visto nella lezione precedente, lascia passare corrente nel suo
circuito di collettore. La bobina del relè viene quindi attraversata
dalla corrente di collettore del transistor, ed il relè scatta, cioè
chiude il contatto C.
Quando la luce ambiente aumenta, la corrente di base ricomincia a
passare nella FTR, la cui resistenza è tornata bassa; il transistor non
conduce più ed il relè si diseccita, riaprendo il contatto C.
ANALIZZIAMO IN DETTAGLIO I SINGOLI COMPONENTI DEL CIRCUITO
Cos'e' e come funziona un relè Un relè è sostanzialmente un interruttore, cioè un dispositivo in grado di aprire e chiudere un circuito. A differenza dell'interruttore però, il relè non viene azionato a mano, ma da un elettromagnete, costituito da una bobina di filo avvolto intorno ad un nucleo di materiale magnetico. Quando passa corrente nella bobina di filo, si crea un campo magnetico che attira l'ancoretta secondo la freccia rossa verticale; l'ancoretta ruota e spinge il contatto centrale C verso destra, secondo la freccia orizzontale. In questo modo, il collegamento tra il contatto centrale e quello di sinistra (nc) si apre, mentre si chiude il collegamento tra il contatto centrale e quello di destra (na). Il contatto di sinistra viene definito nc, cioè normalmente chiuso, perchè è tale quando il relè è a riposo. Allo stesso modo l'altro contatto, aperto quando il relè non è eccitato, viene definito na, cioè normalmente aperto. |
due tipi di resistenze variabili |
La resistenza RV che si trova nel circuito di base del transistor, è
una resistenza variabile, detta anche trimmer. Nella pratica può avere
l'aspetto di uno dei tipi che si vedono nella figura a sinistra; si
tratta comunque di una resistenza il cui valore può essere regolato tra
zero e il massimo (che è il valore indicato sulla resistenza stessa)
facendo ruotare con un cacciavite un contatto strisciante che scorre su
una superficie di materiale ad alta resistività. La resistenza
variabile è stata inserita per poter regolare con precisione il punto
d'intervento, ovvero determinare con che luminosità il relè si chiude e
mette in funzione ciò che vi è collegato. Supponiamo che il vostro
circuito si ecciti, cioè il relè si chiuda ed accenda le lampade,
quando c'è ancora abbastanza luce; se volete che il circuito intervenga
quando è più buio, ruotate la RV così da aumentarne il valore: in
questo modo, affinchè la corrente che entra sulla base del transistor
riesca a portarlo in conduzione, occorrerà che la FTR abbia un valore
più alto, e cioè che sia più buio.
La
resistenza R1 serve per proteggere il transistor nel caso che si regoli
la RV su valori troppo bassi: se non ci fosse R1, potrebbe entrare
nella base del transistor una corrente troppo alta e distruggerlo.
Il vantaggio del relè è che i due circuiti, cioè quello di comando e
quello di utilizzazione, sono completamente separati, e possono quindi
funzionare con tensioni diverse. L'importante è che il circuito di
comando invii alla bobina la giusta corrente, e che il circuito di
utilizzazione faccia uso di contatti in grado di sopportare la corrente
richiesta dal carico collegato. Questo significa che se col relè voglio
accendere e spegnere una lampadina da 100 watt a 220 volt, saranno
sufficienti contatti per 1 ampere; se invece voglio comandare,
supponiamo, una serie di 10 faretti, ciascuno con lampada da 500 watt,
avrò bisogno di un relè ben più robusto, con contatti adeguati ad una
corrente di circa 30 ampere. In effetti sarebbe possibile fare a meno
di un relè, e comandare altri utilizzatori, come lampade, allarmi, ecc,
usando soltanto componenti elettronici; l'uso del relè è tuttavia più
semplice e permette la massima libertà di utilizzo, senza vincoli di
carico o di tensioni.
Nell'
immagine a fianco è evidenziato il modo di utilizzare questo circuito,
ovvero come deve essere collegato un utilizzatore esterno perchè venga
comandato dal relè. Nell'esempio si vede una normale lampadina di
quelle che usiamo nelle nostre case collegandole alla rete a 220 V.
Partendo dalla spina, un filo arriva direttamente alla lampada, mentre
l'altro passa attraverso i contatti del relè, che è quindi in grado di
accendere e spegnere la lampadina. I due terminali sono indicati con na, perchè si tratta di un contatto normalmente aperto, cioè di un contatto che si chiude solo quando il relè si eccita.
La funzione del diodo D
Tutte le volte che ci troviamo ad avere a che fare con avvolgimenti di filo intorno a nuclei metallici, possiamo parlare di carichi induttivi.
Senza scendere troppo nei dettagli, diciamo che ci sono importanti
differenze tra gli effetti di un carico induttivo e quelli di una
normale resistenza inseriti in circuito. Se noi applichiamo tensione ai
capi di una resistenza, questa viene subito percorsa da corrente;
quando stacchiamo tensione, la corrente cessa. Se invece applichiamo
tensione a un carico induttivo, come la bobina di eccitazione del relè
(o elettrocalamita), la corrente non circola immediatamente, ma dopo un
certo intervallo di tempo. Successivamente, nel momento in cui tentiamo
di staccare la tensione, la corrente tende a circolare ancora per
qualche istante, per cui si creano extra correnti di apertura e
tensioni di segno inverso. I transistori possono essere danneggiati da
tensioni troppo elevate o di segno contrario a quello richiesto dalla
loro polarità, e quindi occorre proteggerli dagli effetti pericolosi
dei carichi induttivi. A questo provvede il diodo D, che risulta
collegato in parallelo alla bobina del relè, col polo positivo rivolto
verso il positivo della alimentazione.
Normalmente nel diodo D non passa alcuna corrente, poichè esso è
collegato in senso contrario rispetto all'alimentazione del circuito;
quando però ai capi della bobina del relè tende a formarsi una tensione
inversa, il diodo passa subito in conduzione e praticamente annulla la
tensione pericolosa.
I componenti per questo circuito:
- Un relè la cui bobina
funzioni a 9 volt in corrente continua, e che sia dotato di almeno un
contatto normalmente aperto; i contatti dovranno essere adeguati alla
potenza dell'utilizzatore che volete collegarvi
- FTR: fotoresistenza avente un valore di circa 1 Mohm al buio e di qualche Kohm alla luce
- RV: trimmer (resistenza variabile) da circa 47 Kohm
- R1: resistenza da 2,2 Kohm
- Un transistor NPN tipo BC108 o equivalenti
- D: diodo tipo 1N4001 o equivalenti
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